Gianluigi Paragone ritorna ad attaccare il decreto Ucraina e lo fa attraverso un articolo su ‘Il Tempo’. Ecco il pensiero dell’ex pentastellato sul provvedimento approvato in Senato.
Nuovo duro attacco da parte di Gianluigi Paragone al decreto Ucraina. Le critiche dell’ex pentastellato al provvedimento approvato dal Governo sono arrivate con un articolo pubblicato sul tempo.
Il leader di Italexit da sempre si è schierato contro il decreto Ucraina e anche in questa occasione non ha utilizzato parole dolci nei confronti dell’esecutivo. “Da una parte c’è il Paese aggressore, dall’altra il Paese aggredito – si legge nell’articolo di Paragone – e questo è un fatto. Poi c’è un altro fatto. Al primo noi inviamo soldi freschi, ogni giorno, come controprestazione per la vendita quotidiana di quel 40% di gas che ci serve. Al secondo mandiamo armi per resistere all’offensiva alimentata coi soldi che diamo per comprare il gas russo. Ma ve ne rendere conto? Se davvero fosse trasparente e coerente, il governo dovrebbe interrompere l’acquisto del gas russo immediatamente“.
Paragone: “Insistere con il tavolo di mediazione”
Nel suo lungo articolo Paragone ha ribadito che “per arrivare alla pace bisogna insistere con il tavolo di mediazione. Ma da questo bisogna escludere un invio delle armi che la stessa maggioranza degli italiani respinge: il cuore dei nostri concittadini è enorme e lo dimostra la generosità con cui abbiamo accolto gli ucraini, ma anche il bilancio delle famiglie necessità un aiuto da parte del governo e fino a questo momento non si è visto praticamente nulla“.
“In questo tavolo bisogna escludere parole come killer o macellaio – ha aggiunto il senatore – bisogna congelare anche il tribunale per crimini di guerra ed eliminare la possibilità di rovesciare Putin, che ancora gode del massimo consenso del suo Paese. La mediazione porterà ad una pace possibile, non a quella assoluta. E in questo scenario Putin non potrà uscire come uno sconfitto, ma si porrà fine al conflitto“.
Dichiarazioni da parte di Paragone molto forti e che spiegano il perché del suo voto contrario in Senato al decreto Ucraina.