ESCLUSIVA – Colosimo: “L’autismo deve essere una priorità”

Per notizie.com, la consigliera regionale del Lazio Chiara Colosimo ha valutato l’inclusione delle persone nello spettro autistico in Italia.

Chiara Colosimo
Chiara Colosimo

Oggi è la Giornata mondiale della Consapevolezza sull’autismo. Lei è sempre stata molto attiva nella lotta per i diritti delle minoranze, specialmente delle persone affette da autismo. A che punto siamo, a livello di inclusione, in Italia?

Siamo molto indietro. Quello che non si capisce, quando si tratta il tema dello spettro autistico, è che è come un po’ quando siamo stati tutti chiusi in lockdown. Abbiamo dovuto imparare un nuovo modo di entrare in relazione. Quando ci si relaziona con le persone nello spettro autistico, bisogna imparare un nuovo modo di farlo. Non è impossibile, ma la nostra sanità pubblica, nella maggior parte dei casi, tranne delle eccezioni, come quella della Regione Lazio, è completamente mancante di quello che riguarda queste figure, che sono i terapisti.

Queste figure sono il modo migliore per entrare in relazione con queste persone. La stessa cosa si può dire delle nostre scuole, dove queste figure, o comunque gli insegnanti di sostegno, non sono formati sullo spettro autistico. Quindi, dato che questo è un tema che riguarda un nascituro ogni 77 in Italia, è urgente metterlo tra le priorità delle azioni da fare.

La pandemia è stata un duro colpo per le famiglie con individui nello spettro autistico. In che modo ritiene che il Governo possa dare un sostegno a queste famiglie?

Il lockdown è stato un duro colpo, perché molti bambini, ragazzi, adulti nello spettro autistico hanno la loro routine. Quella loro routine è stata interrotta da delle nuove routine, fatte di obblighi, di mascherine, di mani, di distanziamento, che mal si conciliano con chi ha il disturbo dello spettro autistico. Il Governo, ma soprattutto le regioni che hanno la competenza sanitaria, dovrebbero, come accennavo prima, occuparsi di mettere queste persone nelle condizioni di non dover pagarsi le terapie privatamente. Invece questo, purtroppo, accade. Infatti, seppur i LEA (Livelli essenziali di assistenza, n.d.r.) riconoscano alcune terapie, poi non ci sono le persone formate per seguire queste persone nella nostra sanità pubblica.

Chiara Colosimo
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Il presidente della Fondazione Cervelli Ribelli, Gianluca Nicoletti, ha recentemente commentato la situazione delle persone affette da autismo in Italia, criticando il sistema scolastico ed esponendo i problemi legati all’inserimento lavorativo e sociale. Quali potrebbero essere le soluzioni a questi problemi?

Intanto, Gianluca Nicoletti è da sempre una delle voci, appunto, ribelli su questo tema, perché in giornate come queste tutti si occupano di autismo, ma nella quotidianità non se ne occupa nessuno. Quindi, sono certa che Gianluca, anche in questa occasione, ha individuato i temi giusti e le priorità giuste. Per quello che ci riguarda, la priorità è il “durante di noi”, una tematica assolutamente non affrontata da nessuno, ovvero come sostenere le famiglie nella crescita e nella fase adulta di queste persone. Questo perché, se nella prima fase, quella dell’infanzia, c’è la scoperta dello spettro, quindi le diagnosi e le terapie, poi c’è la convivenza con lo spettro, che vuol dire, per chi ne è affetto e per quelle famiglie, trovare dei sostegni che ad oggi non ci sono.

Come dicevo, mancano gli insegnanti di sostegno adeguatamente formati, manca la possibilità nelle scuole di far accedere i terapisti con cui quei ragazzi lavorano quotidianamente sulla loro disabilità e mancano, da parte delle istituzioni, degli incentivi reali per chi decide di assumere persone nello spettro. Bisogna infatti ricordare che lo spettro ha moltissime sfaccettature e che non per forza chi è nello spettro autistico non può lavorare: è nota la fiction “The Good Doctor”, dove un ragazzo nello spettro autistico fa il chirurgo.

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