Finita la cassa integrazione il 31 dicembre, gli hotel, dal più piccolo al più grande, continuano a licenziare. “Persi 100 milioni al mese”
Crisi nera nel lavoro in tutti i settori, ma quello che sta succedendo in quello alberghiero è qualcosa di enorme. E soprattutto preoccupante. Sono quattro mila i posti di lavoro persi in due anni, perdite economiche per un centinaio di milioni di euro al mese, oltre 200 hotel che, da marzo 2020, non hanno più riaperto i battenti. Su 1200 circa strutture presenti a Roma. E altrettanti hanno riaperto o stanno riaprendo ma fra mille difficoltà e con molti licenziamenti. “Noi rappresentiamo circa il 12 per cento del Uil cittadino“, spiega Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi, che aggiunge: “Questa crisi è un macigno enorme sul settore. A causa delle restrizioni dovute alla pandemia, tutta una serie di Paesi come la Cina, il Giappone, l’intero Sud-Est asiatico, la Corea, hanno ancora il divieto di uscita per i loro cittadini. Poi la guerra fra Russia e Ucraina. Il risultato è che questi Paesi pesano il 50% dell’intero settore turistico straniere. E, per giunta, sono quei turisti che definiamo alto spendenti perché vanno quasi sempre in hotel di pregio, mangiano in ristoranti e non sulle scale di piazza di Spagna, si muovono con i pulmini a noleggio“.
“In termini economici noi stimiamo in un centinaio di milioni la perdita economica mensile”, dice ancora Roscioli al quotidiano Il Messaggero. L’impatto maggiore però è quello che si registra sui posti di lavoro. «Il nostro conto è che si siano persi in due anni oltre 4mila posti». Il computo comprende i contratti a termine che, scaduti in piena pandemia, non sono stati rinnovati e «sono quelli che definiamo le perdite silenziose perché non finiscono sui giornali». Oltre 300 lavoratori licenziati: 164 dall’Hotel Sheraton, 51 dall’Ambasciatori di via Veneto; 47 dal Majestic e 41 dal Cicerone.
Lavoratori in mezzo alla strada e in tutti i settori alberghieri. Sono camerieri, addetti ai piani, receptionist, chef, barman che sono rimasti a casa. Più i numeri dei piccoli alberghi, “quelli che spesso non sono neanche rilevati nelle statistiche ma che sappiamo che sono in difficoltà“, continua il Messaggero, quei piccoli hotel a due o tre stelle, in zone centrali, poco più che pensioncine ma che erano posti di lavoro. Da un punto di vista economico, poi, pesa la fine della Cassa Covid: il 31 marzo questo contributo statale è stato dichiarato concluso insieme a tutti i provvedimenti legati all’emergenza Coronavirus. Quindi, ora le eventuali casse integrazioni per i lavoratori ricadranno sulle spalle delle singole aziende.
“Noi abbiamo chiesto interventi governativi e anche al Comune. Per esempio – argomenta ancora Roscioli – a noi è stata fatta pagare la Tariffa rifiuti per intero anche quando gli hotel erano chiusi. Capisco che siano previsioni di legge ma così si finisce per penalizzare il settore quando ce ne sono altri che in questi due anni sono riusciti a moltiplicare i loro guadagni. Capisco che la coperta sia corta anche per il Comune e che se sconti la Tari a me hotel poi quesi soldi vanno rimessi. Ma forse si possono chiedere a chi in due anni ha aumentato i fatturati».