Il giornalista ha spiegato nel suo editoriale su tuttobiciweb.it come il ciclismo italiano e non, sia in piena emergenza
Ancora guai nel ciclismo. Il giornalista Pier Augusto Stagi in un suo editoriale ha spiegato la tensione in mezzo al giro: “Non è un ‘sentiment’, non è nemmeno una suggestione. Quel che colpisce è che si contano decine e decine di corridori che si fermano, uno via l’altro. Il malumore in mezzo al gruppo è crescente, quanto la preoccupazione. Non so il perché, non ne ho le competenze, ma sono in tanti ad avermi manifestato i loro timori: dai corridori ai Team manager, per arrivare ai medici”. Pier Augusto Stagi si appella all‘UCI: “Non è un bel momento, c’è qualcosa che non va ed è il caso che il governo della bicicletta mondiale e tutte le componenti che rappresentano la grande famiglia del ciclismo si parlino, per arrivare ad un punto”.
Lo spavento è davvero grande, ma le risposte dal mondo del ciclismo tardano ad arrivare e Stagi prosegue: “Non si è mai vista una cosa simile negli ultimi 25 anni. Metà gruppo è malato, non di Covid, però. Da quello che si legge nei comunicati stampa, siamo di fronte ad una serie di patologie che vanno dalle tracheobronchiti a bronchiti influenzali, fino alle infezioni delle alte vie respiratorie che hanno decimato il gruppo e i soggetti portatori di queste patologie faticano maledettamente a recuperare, tanto è vero che tardano a tornare in gruppo, come ad esempio, il due volte campione del mondo Julian Alaphilippe”.
La grande paura tra i professionisti e non all’interno del mondo del ciclismo
L’ex giornalista de L’Unità e La Notte, si è posto delle domande: “Cosa c’è dietro? Ah, saperlo… Riporto alcune osservazioni che mi hanno fatto in particolare i medici. Sappiamo che non è Covid, e sappiamo che l’incidenza sulla normale popolazione non è di proporzioni del ciclismo: quindi? Può essere che chi ha fatto il Covid ha le difese immunitarie basse (long Covid)? Potrebbe”.
“La causa sono i vaccini? – si chiede Stagi – Va chiaramente indagato e studiato. In gruppo stanno emergendo alcune riflessioni: non siamo forse di fronte a calendario gare troppo affollato? Non è forse che molte corse e moltissimi percorsi sono oramai troppo esigenti? Non è che forse stiamo chiedendo troppo ai nostri ragazzi, sempre più sotto stress per via di che si traducono in mancato recupero? Il “leit-motiv” dei ragazzi è: a casa non ci sono mai, tra ritiri, gara e altura, a casa non ci sono più”.