Arriva la sentenza sull’imprenditore farmaceutico Antonio Di Fazio, accusato di aver violentato, narcotizzato e fotografato una ragazza 21enne.
L’episodio risale a mesi fa, infatti l’imprenditore farmaceutico Antonio Di Fazio era stato arrestato dai carabinieri lo scorso maggio con l’accusa di aver usato violenza su una donna ed averla drogata, dopo averla attirata a sé con una bugia relativa agli studi della giovane. La vicenda ha come vittima una studentessa di 21 anni che frequenta l’Università Bocconi, abbindolata con la scusa di uno stage presso la sua società. L’uomo infatti riuscì ad attirarla nel suo appartamento per parlare di questioni lavorative, o almeno così pensava la ragazza ignara di quanto potesse accadere nel corso del loro incontro. Tribunale (LaPresse)
Purtroppo questa non è una vicenda a sé, perché non è il primo caso oscuro che vede protagonista Di Fazio, accusato anche di aver tentato di uccidere la sua ex moglie e di aver usato violenza sessuale con altre cinque ragazze. La condanna quindi non si basa esclusivamente sull’ultima incresciosa situazione, che è servita a dare il via agli accertamenti del caso fino ad arrivare a tutti gli altri episodi precedentemente verificati.
Di Fazio, violentò e drogò una 21enne: la sentenza
L’accusato Di Fazio, sembrerebbe quindi essere un recidivo. L’imprenditore farmaceutico infatti era a processo anche per altri analoghi casi che riguardano altre donne, tra cui la sua ex moglie. La sentenza è arrivata oggi e prevedere 15 anni e 6 mesi di reclusione: lo ha deciso il giudice Anna Magelli, in seguito all’inchiesta dell’aggiunto Letizia Mannella e del pm Alessia Menegazzo. La Procura aveva chiesto 9 anni per l’uomo, che ha dunque ottenuto una pena molto più alta.
Tribunale (LaPresse)L’imprenditore al momento si trovava in una comunità dove stava scontando gli arresti domiciliari, scattati lo scorso maggio quando tutti gli altarini si scoprirono. L’uomo ha agito da solo ma anche grazie all’aiuto di sua sorella. Nella vicenda infatti sembra entraci anche la dottoressa: i legali sostengono che avrebbe aiutato l’imputato ad ottenere il benzodiazepine, sostanza usata per stordire le vittime e portarle ad un chiaro stato confusionale, prima di approfittarsi di loro.