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Politica

La verità sul caso David Rossi e le telefonate di D’Alema

Published by
Daniele Magliocchetti

Affari e politica s’intrecciano nel nuovo libro del giornalista e direttore de Il Tempo Davide Vecchi che ha fatto nuove rivelazioni

Nuove scottanti e importanti rivelazioni nel libro firmato dal giornalista e direttore de Il Tempo Davide VecchiLa verità sul Caso David Rossi, tutto quello che non sapevamo“, il titolo del libro. La nomina del presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena era in calendario per il giorno 31 luglio 2001 e da oltre un anno i vertici romani del partito, in particolare Massimo D’Alema, stavano aspettando di veder realizzato l’acquisto di Bnl da parte di Mps. E’ anche questo nel libro “La verità sul caso di David Rossi” (ed. Chiarelettere, pp 2216, euro 16) dove Davide Vecchi, ripercorre la vicenda del capo comunicazione di Mps scomparso nove anni fa a Siena. Suicidio, si disse. Ma Vecchi, seguendone le vicende, ha trovato mail, testimonianze inedite e documenti che aprono altri scenari e dipingono le relazioni tra politica e affari. Di seguito un brano estratto dal libro sulle pressioni politiche per l’acquisizione di Bnl da parte di Mps.

Il pm Nastasi (a sinistra) pm che ha indagato sulla morte di David Rossi (a destra) – Ansa Foto –

Uno stralcio del libro che ripercorre un incontro tra Piccini e D’Alema. Un’operazione in merito alla quale Piccini (all’epoca sindaco uscente di Siena) aveva già espresso le sue forti perplessità proprio a D’Alema in più incontri cominciati nell’estate precedente. Ricorda l’ex sindaco: “Nell’estate del 2000 ero in ferie sul litorale tirrenico, ricevo una telefonata dalla segretaria di D’Alema: era in Toscana […] e mi disse che aveva assoluto bisogno di parlarmi». I due si incontrarono giorni dopo “nella sala del ristorante appositamente tenuta deserta per noi, con me in costume e lui in completo blu e camicia” prosegue Piccini. “Mi parlò, ovviamente, della Bnl […]. Gli dissi che non mi convinceva e che esistevano anche altre possibilità per la banca, pur sempre in chiave aggregativa. Ma promisi comunque che avrei riflettuto sull’opportunità e sulla fattibilità dell’operazione. Ci salutammo su questo. Ma le pressioni arrivavano anche da Vincenzo Visco, allora ministro del Tesoro. Arrivavano anche da Giuliano Amato per interposta persona. Ricordo che lo stesso direttore generale del Monte, Divo Gronchi, mi disse più volte che Amato avrebbe desiderato che l’operazione Bnl venisse fatta. Le pressioni arrivavano anche da Antonio Fazio“.

Oltre a D’Alema e Amato in una mail compare anche Mario Draghi, all’epoca direttore generale del ministero del Tesoro

Il dirigente di Monte dei Paschi di Siena trovato morto il 6 marzo del 2013 (screenshot notizie.com)

Capitolo Massimo D’Alema. Nel maggio del 2001, quando ormai Piccini è fuori dal Comune e prossimo ad andare alla guida della fondazione, riceve una telefonata da D’Alema. “Telefonata che definirei pro forma dalla quale emerge il suo assenso per l’imminente nomina in Fondazione» dice Piccini. A inizio luglio, poche settimane prima della nomina, Piccini riceve una lettera firmata da Mario Draghi, allora direttore generale del ministero del Tesoro guidato da Vincenzo Visco, nella quale è scritto che la sua elezione in fondazione creerà un conflitto d’interessi. Da quando? Da quell’inizio luglio, perché il ministro Visco ha emanato un provvedimento che stabilisce l’ineleggibilità a presidente di fondazioni bancarie controllate per coloro che abbiano ricoperto ruoli istituzionali nei dodici mesi precedenti. Piccini non lo sapeva ma per il partito a Roma lui è diventato un eretico.

D’Alema con la telefonata del maggio 2001 voleva semplicemente sincerarsi di poter fare eleggere una persona che rispondesse direttamente ai suoi desiderata” ricorda Piccini. Che prova a portare a Parigi anche Rossi, ma David è un senese e vuole rimanere a Siena, e soprattutto Mussari gli ha già proposto di seguirlo in fondazione come capo della comunicazione. Con il passaggio in Rocca Salimbeni, avvenuto nel 2006, “Mussari non solo conferma Rossi al proprio fianco, ma lo investe di un potere immenso. Rossi controllava la comunicazione e in parte il marketing per la Banca Montepaschi” ricorda sempre Piccini. “Gli dà molte responsabilità e molti soldi da gestire. Gli offre potere e ricchezza. Fu l’ingresso in banca che segnò la sua disgrazia. Lui era diventato la scatola nera dell’azione manageriale mussariana. Ciò che faceva Mussari, Rossi lo sapeva”. Quando nel 2001 varcano la soglia, la fondazione è potente: ha un valore stimato di 3 miliardi e 330 milioni. E decide i sindaci, i presidenti della Provincia, i segretari di partito. Gestire la fondazione è il vero potere. I magistrati hanno sempre tentato di individuare presunte mazzette sulle acquisizioni, ma invano. Non è mai stata trovata nessuna valigetta con i soldi consegnata a questo o a quel politico, perché a Siena la vera tangente è la gestione della banca. Restano solo i brogliacci con i nomi degli interlocutori e si sono “salvate” soltanto meno di dieci telefonate trascritte. Due, in particolare, con il presidente della Corte costituzionale, Giuliano Amato. La prima registrata il 14 febbraio 2010 nella quale chiede a Mussari se è vera la voce circa la sua candidatura all’Abi, in modo tale da fare qualcosa per sostenerlo. La seconda del 1° aprile sempre 2010: “Mi vergogno a chiedertelo ma, per il nostro torneo a Orbetello – è importante perché noi siamo ormai sull’osso – che rimanga immutata la cifra della sponsorizzazione” da 150.000 . Un’altra telefonata è di Piero Fassino, che il 24 febbraio lo chiama per chiedergli un incontro “così facciamo un po’ il punto totale“….David era stato fidato e affidabile braccio destro prima di uno e poi dell’altro. Per non parlare dei soldi, tutti quei miliardi elargiti, donati a fondo perduto. E poi cerimonie, feste, viaggi, premi. Avevano una contropartita? Sostegno, certo, potere sicuramente. Mps finanziava tutto e tutti dovevano divertirsi, essere felici e ringraziarla. Tutti o almeno tutti quelli che era bene avere per amici.

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