In un lungo intervento sul Foglio la leader di FdI e dei Conservatori europei traccia le sue proposte per cambiare la Ue e renderla più forte
Un “manifesto” politico e programmatico sul futuro dell’Europa. È l’obiettivo del lungo intervento firmato dal presidente di Fratelli d’Italia e dei Conservatori europei, Giorgia Meloni, e pubblicato oggi sul quotidiano “Il Foglio”. Il giornale diretto da Claudio Cerasa aveva ospitato un altrettanto articolato editoriale del segretario del Pd Enrico Letta sulla Ue. “Ho deciso di rispondere, perché amo il confronto e soprattutto non sopporto i pregiudizi e le etichette che consentono troppo spesso a chi ha argomenti deboli di non confrontarsi nel merito. Ne sappiamo qualcosa noi di Fratelli d’Italia, troppo spesso etichettati come un partito antieuropeista”, l’incipit del pezzo della Meloni.
La leader della destra italiana ricorda poi come i conservatori abbiano da sempre scelto la strada “dell’affermazione di un’idea di Europa alternativa rispetto a quella che l’Ue ha costruito finora. Un’Europa confederale, rispettosa della sussidiarietà e delle sovranità nazionali, che faccia meno cose ma le faccia meglio”. Meloni concorda poi con Letta sulla necessità di costruire “un’Europa forte” e di darle “un’anima”. “Ce lo impongono la storia e la cultura dell’Italia”, sottolinea, ma anche “le sfide del futuro”. Ma è su “come realizzare questa Europa forte e su quale sia quest’anima”, è l’inciso della leader di FdI, “la mia visione e quella del segretario Pd divergono inesorabilmente”.
La leader conservatrice passa poi in rassegna le cause che hanno portato l’Europa a presentarsi “all’appuntamento con la storia” sancito dall’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina “senza una politica estera e una difesa comuni, quasi totalmente dipendente sul piano energetico e delle materie prime, con catene del valore troppo lunghe e in buona parte delocalizzate, impreparata nella gestione umanitaria e divisa sulla tempistica delle sanzioni”. La responsabilità di aver consegnato l’Europa “all’irrilevanza” non è, secondo Meloni, dei “pericolosi conservatori o dei terribili sovranisti” ma “del duopolio popolari-socialisti” e delle “élite autoproclamatesi europeiste che lo hanno assecondato”.
Per Meloni la Ue “ha abbracciato l’agenda politica globalista, ultra-ambientalista e arcobaleno”, travalica le sue competenze e si intromette “in temi che dovrebbero rimanere esclusiva competenza degli Stati membri come il diritto di famiglia e l’educazione dei figli” e “chiede alle nostre aziende di adeguarsi ai vincoli sempre più stringenti del “Green Deal”, che incidono negativamente anche sulla nostra capacità di produzione alimentare” invece di impegnarsi per assicurarsi da Cina e India il rispetto delle “nostre stesse regole” in materia ambientale. Storture, è l’accusa di Meloni, di “un’Europa che divide” e che gli italiani hanno pagato e pagano più di altri Paesi.
Il presidente di FdI sottolinea poi come in molti in Europa si siano riscoperti “fautori del concetto di sovranità”, lamentino la “carenza di un’Europa politica” e abbiano compreso che “quell’Europa politica dovrebbe persino essere armata”. Per affrontare la guerra in Ucraina, è il pensiero di Meloni, “non basta la tua presunta superiorità morale e le sanzioni” ma “la deterrenza, che solo un’adeguata capacità militare può dare”. E poi, sul fronte economico, Meloni sottolinea come, dopo anni nei quali si è pensato che la “mano invisibile della mondializzazione” fosse la soluzione per garantire “benessere e democrazia”, oggi l’atteggiamento sia cambiato e si è consapevoli del fatto che “sarebbe stato più opportuno mantenere in Europa le nostre produzioni e i nostri settori strategici, limitando la nostra dipendenza dai Paesi terzi. I quali, peraltro, ormai sono in gran parte autocrazie politicamente instabili quando non palesemente ostili”. La Meloni si concentra anche sul tema dell’immigrazione, sulla differenza tra migranti economici e profughi di guerra, e ricorda come le Nazioni in Europa che sono state più contestate dalla Ue, a partire da Polonia e Ungheria, oggi siano “in prima linea nell’accoglienza di donne e bambini ucraini in fuga”.
A questa articolata premessa, la Meloni fa poi seguire le sue risposte alle “sfide che il segretario del Pd immagina per l’immediato futuro”. Per il presidente di FdI la risposta “più Europa” dei “federalisti europei” è figlia di una “impostazione dogmatica” che “invece di rafforzare il sogno di un’Europa dei popoli unita, forte e libera, finiscano per indebolirlo fino a distruggerlo”. Per la Meloni, dunque, le modifiche all’architettura europea proposte da Enrico Letta (a partire dall’abolizione del potere di veto in Ue) “vanno proprio ad accentuare quel rischio”. Se l’Europa, aggiunge, “vuole avere un futuro e non regalare pezzi della sua storia al “nemico”, deve farlo sulla base del consenso e non dell’arroganza o del ricatto”.
“Chi ci dà la garanzia”, è il ragionamento di Meloni, che un domani “la stessa arroganza non venga utilizzata contro altri governi legittimi e che una riforma dei Trattati che vada in quella direzione non si trasformi in un ulteriore strumento per punire o premiare i popoli in base a come votano, anche qui in Italia? Purtroppo nessuno, perché invece è proprio lì che si vuole andare a parare”. Su questo punto, Meloni si rivolge a Letta, che a suo avviso non si sarebbe mai opposto “alle teorie strampalate di quelli che dichiarano pubblicamente che “l’Europa non consentirebbe in Italia la formazione di un governo guidato da Fratelli d’Italia”.
La leader di FdI dice poi di non avere “preclusioni” sullo strumento proposto dal segretario Pd per avvicinare meglio le Nazioni che “vogliono far parte di un progetto europeo” a patto, però, che “si chiariscano bene i confini di questo percorso”. Se oggi si immaginano “corsie preferenziali” per la martoriata Ucraina come ci si pone, è l’interrogativo della Meloni, con altre Nazioni? Dalla Serbia (tenuta ai margini e che ha costruito sempre più relazioni con Cina e Russia) alla Turchia (con la procedura di adesione alla Ue tenuta aperta nonostante l’atteggiamento ostile di Ankara contro l’Europa e alcuni suoi Stati membri).
Secondo la Meloni, “prima di parlare di come modificare i trattati o di come coinvolgere nel progetto europeo gli stati del vicinato”, è necessario sforzarsi per “ritrovare quello che Benedetto XVI ha definito un’identità e una missione per l’Europa”. “Non piace e non basta” al presidente di FdI la possibilità che l’Europa sia solo uno “spazio di democrazia liberale formale” con “un’agenda politico-ideologica” o si limiti ad essere “il più grande mercato integrato plurinazionale”. Per il leader dei conservatori europei, la strada che deve intraprendere la Ue è un’altra: “essere una democrazia di valori” forte delle sue “radici classiche e cristiane”, in grado di proporre “un progetto rispettoso delle identità nazionali” capace di rendere l’Europa un “attore globale” e difendere “gli interessi dei cittadini”.