Dopo le aperture di Londra e Montecarlo, ‘Crazy Pizza’ di Flavio Briatore sbarca a Roma e Milano: la pizzeria, inaugurata nei mesi scorsi, non ha convinto
Conosciamo bene lo spirito imprenditoriale di Flavio Briatore, pertanto non stupiscono le numerose iniziative e le aperture di locali a suo nome. L’ultima trovata dell’imprenditore piemontese è ‘Crazy Pizza‘ un format già sperimentato a Londra e Monte Carlo e riproposto in Italia, sia a Roma che a Milano. Parliamo di un’esperienza gastronomica che prevede pizze sottili senza lievito, solo manitoba, condite con materie prime di stagione.
Un posto che ha senza dubbio suscitato molta curiosità, ma che è stato già bocciato dagli addetti ai lavori. Il noto critico gastronomico del Corriere Della Serie Valerio Visintin ne ha parlato ai microfoni di Notizie.com: “La clientela si divide in tre fasce: curiosi, vip e aspiranti vip. Le poltroncine presenti sono troppo alte rispetto ai tavoli. Sono divertenti le alzatine sulle quali sistemano le pizze, come fosse plateau di ostriche. All’ingresso vi è una mega gigantografia di Berlusconi“.
Questa la prima impressione di Visintin che aggiunge anche l’aspetto ‘leggero’ che si può trovare nella location targata Briatore: “Si può ascoltare musica a volume sostenuto ed una vibrazione positiva di gente che si diverte“. Ma passiamo poi agli aspetti meno lieti: “La pizza è sottile, ma non proprio romana: è meno friabile. I prezzi sono alti“. Anche se il critico fa notare che a Milano c’è una pizzeria con gli stessi prezzi o anche leggermente più alti.
“Ad ogni modo non la si può misurare con lo stesso metro di una qualsiasi pizzeria: è un luogo a parte: o lo ami o ti ci diverti o lo detesti“, queste le tre opzioni che il critico culinario dà sulla clientela. Per Visintin (che ha spiegato il suo parere in un editoriale on line) si può optare per questa esperienza più per divertimento che per la cena in sé: “Si sceglie questo locale per fare serata in un posto diverso ed un po’ folle, ma sicuramente non per una esperienza gastronomica“, chiosa il celebre critico gastronomico, approvando quindi la location e meno il cibo.