Da 50 giorni la Russia ha invaso l’Ucraina provocando la fuga di migliaia di mamme e bambini che cercano la salvezza nel resto d’Europa
Da quando è iniziata la guerra in Ucraina si sono messi in marcia oltre quattro milioni di profughi e di questi oltre un milione e cinquecentomila sono minori. Un incredibile numero di piccoli e piccolissimi, la maggior parte in viaggio con madri, nonne o educatori degli istituti dove sono lasciati dopo la partenza dei genitori, ma spesso anche affidati dagli stessi genitori disperati ad amici e conoscenti che fuggono a loro volta verso la Romania e la Polonia.
A differenza di quanto accadeva in occasione di altri migrazioni forzate, come quelle causate dalle guerre di Siria e Afghanistan, i percorsi di donne e minori che arrivano nel nostro Paese dall’Ucraina, sembrano essere adeguatamente sicuri perché, per la gran parte dei minori che giungono senza parenti, si riesce a ricostruire la rete familiare sul nostro territorio o in qualche paese dell’Unione Europea. In questo modo si riduce molto il forte rischio che il minore finisca in un circuito di tratta e di pedofilia. Unicef Italia, insieme Unhcr e a Save the Children, ha creato un presidio apposito al confine nei pressi di Trieste.
Secondo i dati forniti dall’Unicef e resi noti dall’Ismu, dal 24 febbraio, data dell’invasione russa, sono 4,3 milioni, sui 7,5 milioni totali, i bambini che hanno dovuto abbandonare le loro case in Ucraina. Più di 1,8 milioni di loro hanno lasciato il Paese, mentre altri 2,5 milioni sono sfollati interni in una nazione devastata dalle bombe. Ad oggi, sono oltre 30mila i minori ucraini giunti in Italia dall’inizio della guerra, quasi tutti con le mamme, o con altri familiari, o con educatori se si tratta di bambini i cui familiari sono emigrati e che vivevano in istituti per l’infanzia. Più di 12mila sono già stati inseriti nelle scuole, mentre i minori non accompagnati ammontano a 277 e sono già stati inseriti nel sistema di accoglienza temporanea. Sono quindi poche centinaia, per ora, i minori ucraini ad oggi ufficialmente segnalati come “non accompagnati” nel sistema informativo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e sono stati accolti tutti da famiglie sia italiane per il 70% sia da famiglie ucraine per il restante 30% che già vivevano nel nostro territorio.
Secondo l’ultimo censimento effettuato dai comuni italiani interessati all’interno del SIM (Sistema Informativo Minori) del Ministero del Lavoro, l’aumento rilevato dei minori in questo ultimo periodo, è stato di 108 minori in 8 giorni per un incremento medio giornaliero di 13,5 unità e quindi di circa 95 unità settimanali. Tenuto conto di questi dati e presupponendo che la crescita si mantenga costante in termini numerici, la segretaria generale dell’Anci, Veronica Nicotra, ha ipotizzato che entro la fine dell’anno saranno presenti sul territorio nazionale circa 4.000 minori ucraini non accompagnati. Con un aggravio di spesa per gli enti locali certamente importante e al quale lo Stato o le stesse regioni dovranno cominciare a pensare.
Il pericolo che questi minori finiscano nel circuito dell’adozione internazionale, grande preoccupazione in più per i genitori rimasti in Ucraina, di fatto non esiste, ha sottolineato il Viminale in una nota, anche perché moltissimi dei minori ospitati in orfanotrofio in Ucraina, non sono in realtà senza genitori. Gran parte dei minori che in Ucraina vivevano negli istituti sono in realtà “orfani bianchi”, cioè figli di genitori emigrati all’estero con l’obiettivo di potersi ricongiungere, appena possibile, ai propri figli. Ed è quella dei ricongiungimenti familiari la vera sfida. Nel nostro Paese c’è una comunità ucraina importante, la più grande tra i Paesi dell’UE, e individuare almeno un familiare è possibile.
Ma, oltre all’allarme sul traffico di donne e bambini profughi lanciato anche dal cardinale Czerny, inviato speciale del Papa in Ucraina, esiste un altro rischio: quello della solidarietà non organizzata. Ci sono infatti decine di piccole organizzazioni, spesso improvvisate, che arrivano alle frontiere per prendere in consegna donne e minori ucraini, al fine di smistarli poi nelle reti di accoglienza familiare. È assolutamente necessario, infatti, che ciò avvenga solo dopo la registrazione dei minori all’interno dei canali istituzionali, cioè degli enti locali e delle prefetture. Altrimenti il rischio è di creare un gruppo di invisibili, privi delle necessarie tutele.