Tra le possibilità dischiuse in misura sempre maggiore dalla rete, per gli italiani si insidiano anche tutta una serie di pericoli che preoccupano e non poco.
Quattro italiani su cinque infatti sarebbero seriamente preoccupati dei rischi in rete, come quelli di perdere le proprie informazioni personali presenti sul web, a partire ad esempio dal furto d’identità. Mentre invece una quota del 40 per cento non si preoccupa del rischio di cyberattacchi.
Le paure degli italiani in rete
Un numero che emerge dal primo Rapporto Censis-DeepCyber sulla Cybersicurezza in Italia “Il valore della Cybersecurity. Perché serve la sicurezza informatica per la buona rivoluzione digitale”. Queste paure legate allo strumento informatico condizionano quindi enormemente il rapporto con la tecnologia e con l’utilizzo del digitale, ma non restano affatto legate allo strumento tecnologico.
Si tratta infatti di paure che si sovrappongono pesantemente a quelle fisiche e materiali, finendo con l’accrescere in maniera netta l’incertezza sociale in tanti settori del quotidiano, in cui il digitale è sempre più presente e lo sarà probabilmente sempre di più.
Scendendo nei dettagli della ricerca, emerge un campione molto eterogeneo di attività considerate rischiose. Dapprima la consultazione di siti, pericolosa per 57,8% degli intervistati, poi l’utilizzo di account social, da Facebook ad Instagram per il 54,6%. A seguire, poco sotto, acquisti online, operazioni di home banking e prenotazioni di viaggi e hotel.
Stesse preoccupazioni, che toccano intorno al 40 per cento degli intervistati, riguardano le app di incontri come Tinder o i programmi di messaggistica istantanea come WhatsApp, il pagamento online di bollettini o la partecipazione a webinar o incontri online. Una quota del 30,8% si ritiene invece preoccupata per l’accesso a servizi digitali della pubblica amministrazione tramite Spid.
La parole di Gabrielli e Urso alla presentazione del Rapporto
“Siamo sicuri? Non siamo sicuri premesso che il rischio zero non esiste. È vero che dobbiamo percorrere un tratto significativo di strada ma lo stiamo facendo. La cybersecurity poggia su quattro pilastri che sono l’Agenzia nazionale per la cybersecurity, la cyber investigation, la cyber intelligence e la cyber defence”, è la domanda che pone Franco Gabrielli, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all’Intelligence.
“Questo è il mondo che dobbiamo mettere insieme per costruire questa prospettiva. Serve la consapevolezza che ci consente di approcciare il rischio e o di evitarlo o di attenuarne gli effetti negativi. Credo che dobbiamo essere preoccupati nel senso che ce ne dobbiamo occupare”, ha detto Gabrielli durante la presentazione del Rapporto.
A lui si è aggiunto Adolfo Urso, presidente del Copasir. “Dobbiamo puntare a un’autonomia strategica, nella sicurezza cibernetica e in quella energetica. Sono questi i due presupposti su cui difendere le nostre libertà. In questi due ambiti l’Italia si può ritagliare un ruolo importante nel mondo”, ha spiegato Urso, secondo cui la Russia è il Paese più attrezzato nella guerra cibernetica.
“Dobbiamo essere tutti consapevoli che tecnologia e globalizzazione sono diventati strumenti in forza di regimi autoritari come Russia e Cina che li utilizzano per piegare e sottomettere le democrazie occidentali – continua . La tecnologia in questi casi è applicata al controllo del dissenso e dell’opinione. Possiamo reggere la sfida, forti dei nostri valori come società aperta. Serve sempre trovare un equilibrio tra sicurezza e libertà, come successo durante la pandemia”.