Secondo Repubblica cibo e bollette peseranno di più sulle famiglie, l’indice va verso il 6% e aumentano le difficoltà a sostenere le spese essenziali
L’inflazione corre sempre di più, anche nel 2022 dopo non aver rallentato nel 2021, e allarga la povertà assoluta, quella che si misura sulla capacità della famiglia di sostenere le spese essenziali, dal cibo all’affitto, dalle cure al riscaldamento. Perché è la tassa dei poveri per eccellenza. Se quest’ anno i prezzi volassero al +6% (il governo stima +5,8%), scrive il quotidiano “La Repubblica“, l’Italia conterebbe un milione di poveri assoluti in più, equivalenti a oltre 400 mila famiglie risucchiate dall’incapacità di affrontare il giorno per giorno, dal caro bollette al caro spesa. Lo stallo del 2021 non è affatto una buona notizia, visto il record storico di poveri assoluti già segnato nel 2020 e confermato nel 2021 con tutte le sue storture.
Sul piano dei numeri l’anno scorso si è chiuso in linea con il drammatico 2020, nonostante un rimbalzo del Pil al +6,6% dopo il tonfo del – 9% pandemico: 1 milione e 950 mila famiglie povere assolute corrispondenti a 5 milioni e 600 mila individui, di cui 1 milione e 384 mila minori. In percentuale, siamo al 7,5% delle famiglie povere e al 9,4% delle persone povere in Italia. Osserva però Istat che se nel 2021 non ci fosse stata l’inflazione all’1,9%, i tassi di povertà sarebbero scesi al 7% delle famiglie e all’8,8% degli individui. Non certo il ritorno al pre-pandemia, ma l’inizio di una discesa.
Non sono chiaramente numeri scritti nella pietra. Le politiche del governo Draghi potrebbero invertire o attenuare questa tendenza. Per Repubblica, l’esecutivo è già intervenuto, sostenendo le famiglie con Isee più basso, sulle bollette di luce e gas che pesano molto negli aumenti dei prezzi e anche sulla benzina. Ma da mesi oramai l’inflazione deborda nel carrello della spesa. E la guerra in Ucraina rende tutto più complicato, sia sul fronte energetico che su quello alimentare, tra gas e grano. Anche il Reddito di cittadinanza è un argine alla povertà: lo ricevono 1,1 milioni di famiglie per oltre 2,4 milioni di persone, 583 euro medi al mese. Ma il venir meno di altri sostegni messi in campo nel 2020 – come il Rem e i bonus – unito al fatto che il Reddito non sempre va ai più poveri tra i poveri che non sanno di averne diritto, rende il quadro ancora più complesso in un anno a forte trazione inflattiva e con il rischio di stagflazione (inflazione più stagnazione) se non recessione (Pil negativo).
La prospettiva Caritas “La situazione per ora non è drammatica, come nel 2020 e le file fuori dalle mense e dai centri d’ascolto“, dice Walter Nanni dell’ufficio studi di Caritas Italiana. Il tema dei contratti è importante, se non fondamentale, con l’impatto dell’inflazione sui lavoratori che poveri non sono, ma che quest’ anno riceveranno salari più leggeri. Il premier Draghi ha promesso un tavolo con sindacati e Confindustria per favorire un accordo. Il ministro del Lavoro Andrea Orlando ieri ha rilanciato il tema auspicando che gli aiuti alle imprese contro il caro energia siano “subordinati al rinnovo e all’adeguamento dei contratti” perché “senza un aumento dei salari dei lavoratori ci sarà una crisi sociale e una drammatica caduta della domanda”