Un gruppo di influencer ucraini ha pubblicato un volantino con uno slogan forte: Cancel Russia. Richieste, rivolte agli altri Paesi, che fanno discutere
Il tentativo di trovare un accordo e di terminare il conflitto, o la voglia di alimentare il duello, provando ad annientare l’avversario, chiedendone la distruzione culturale e mediatica? Un volantino on line pubblicato da una comunità ucraina di influencer culturali,
(che al motto di Cancel Russia, invita tutti a “sostenere la nostra lotta contro l’aggressione russa”, è probabilmente la testimonianza più concreta di quanto sia sottile la linea tra la difesa del proprio territorio e i tentativi di annientare i nemici.
In questa guerra i ruoli, le volontà, gli obiettivi e le simpatie, sono sotto gli occhi di tutti. Parafrasando le parole del professor Giovanni Orsina, docente di Storia Contemporanea e direttore della School of Government alla Luiss, “le parti sono ben chiare, Putin è l’aggressore e Zelensky l’aggredito, e si può e si deve simpatizzare con gli ucraini e antipatizzare con Putin. Quel che mi preoccupa, però, è l’emotività della sfera comunicativa occidentale, che ha fame di sensazioni forti e tende, di conseguenza, a essere manichea, a definire i buoni e i cattivi”.
Le parole di Orsina, rilasciate in esclusiva ai nostri microfoni qualche settimana fa, tornano prepotentemente di moda, alla luce degli ultimi eventi. Nel conflitto in corso tutti sanno chi sono i buoni e chi invece i cattivi. Ma il rischio alto è che il confine tra la voglia di difendersi (con tanto di sbandierata ricerca della pace), e il tentativo di distruggere l’avversario, sia sempre più sottile. E leggendo il comunicato del gruppo di influencer ucraini (che si rivolgono a tutte le potenze mondiali), vi è netta la sensazione che i tentativi di fermare il conflitto, rischiano di essere sempre più lontani. “Aiutaci a combattere l’Impero Russo, annullare la sua cultura coloniale. Trattieni qualsiasi finanziamento, supporto o, persino, l’attenzione che una volta hai fornito ad artisti, scrittori o musicisti russi. Non dovrebbe esserci spazio per le loro mostre, pubblicazioni o concerti. Non si dovrebbe menzionare sulla stampa fintanto che i soldati russi stanno cancellando la nostra eredità culturale, rimuovendo i libri ucraini e costringendo i bambini ucraini a imparare la lingua e la letteratura russa nelle scuole delle città ucraine occupate”.
Le richieste sono ben articolate e molto forti: “Non sostenere l’aggressore in alcun modo finanziario. Finché continuerai a finanziare editori, creatori e artisti russi, le persone si sveglieranno al suono delle sirene e andranno a lavorare nei rifugi sotterranei. Il mercato dell’arte è una parte del mercato globale tanto quanto il mercato dei combustibili e dell’energia (petrolio, gas, carbone, ecc.). Pertanto, qualsiasi forma di sostegno finanziario finanzia direttamente gli omicidi commessi dall’esercito russo”. Secondo punto: “Non collaborare con nessuna istituzione di questo stato terrorista, anche se rivendica la sua opposizione al “regime di Putin”. Infine l’ultima richiesta: “È di primaria importanza riconsiderare la retorica che permeava l’Impero russo, l’URSS e vive oggi nella Federazione Russa. L’eredità di queste nazioni non appartiene solo ai russi, ma a tutti i popoli che sono stati forzatamente inglobati in queste identità sovranazionali”.