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“Epatiti nei bimbi? Situazione sotto controllo. Ecco le possibili cause”

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Paolo Colantoni

La dott.ssa Susanna Falorni, Direttrice del reparto di pediatria e neonatologia dell’Ospedale di Grosseto, in esclusiva a Notizie.com

Lo sviluppo e la diffusione dei casi di epatiti nei bambini ha fatto lanciare l’allarme. Secondo l’Oms sarebbero oltre 160 i casi ufficiali registrati in tutto il mondo. Anche in Italia ci sono state delle segnalazioni. L’ultima riguarda un bambino di Prato, ricoverato al Bambin Gesù. Ma da cosa dipende questo sviluppo? Perchè si stanno registrando tutti questi casi? Esistono relazioni con il Covid o le vaccinazioni?

La dottoressa Susanna Falorni, responsabile del reparto pediatria dell’Ospedale di Grosseto

La dottoressa Susanna Falorni, Direttrice del reparto di pediatria e neonatologia dell’Ospedale di Grosseto, ha provato a fare chiarezza. “Innanzitutto vorrei tranquillizzare tutti. La prima segnalazione – dichiara in esclusiva ai nostri microfoni –  è stata registrata in Scozia, poi ce ne sono state altre nel Regno Unito. La società italiana di gastroenterologia ha subito aperto un registro e contattato tutti i centri affinchè la situazione venisse monitorata. Noi abbiamo una circolare del Ministero della Salute del 23 aprile scorso, quindi molto recente, che ci segnala tre casi confermati. Uno è il bambino di Prato, che era stato portato al Bambin Gesù perchè si pensava che fosse necessario un trapianto, ma fortunatamente questa ipotesi è stata scongiurata. Altri due sono in Lombardia, ma anche in questo caso non ci sono pericoli gravi. Rispetto ai dati internazionali, in Italia stiamo abbastanza tranquilli”.

Quante segnalazioni sono state registrate in Italia?
“Il Ministero della Salute ha ufficializzato tre casi, definendoli conclamati. La Sige, la Società italiana di Gastroenterologia, ha sotto osservazione diciassette casi. Ma si tratta di situazioni fortunatamente non gravi, che sono oggetto di studi per capire le cause. Rispetto ai 169 casi segnalati dall’Oms, 114 sono nel Regno Unito: il 10% ha portato i bambini a subire un trapianto. In Italia la situazione è migliore e speriamo che continui così”.

Quali sono le cause che hanno portato alla diffusione di queste epatiti?
“Le cause possono essere di natura tossica o infettiva. E sembra che sia proprio quest’ultima quella più probabile. Se fosse stata di origine tossica l’esordio della malattia sarebbe stato molto più acuto e quindi si tende ad escludere. Non sono stati riscontrati virus epatotropi, quelli che generalmente danno le epatiti: i test li hanno esclusi. Il 40% dei casi è invece risultato positivo all’adenovirus, che generalmente provoca effetti che possiamo definire minori, come faringite, febbre, a volte sintomi respiratori, ma che si risolvono sempre senza problemi”.

La reazione, ai primi casi ha scatenato ansie.
“Lo capisco, dopo quello che è accaduto con il Covid, ma ci tengo a dire che la situazione in Italia è sotto controllo e non bisogna diffondere paura. In Italia c’è un’ottima pediatria. Siamo l’unico Paese europeo che ha una pediatria di famiglia, collegata con le pediatria ospedaliere. Quindi siamo gli unici in grado di segnalare immediatamente i casi ed agire di conseguenza”.

Quali sono i sintomi?
“Sono quelli gastrointestinali. Dolore addominale del quadrante destro, ittero. Se segnalati immediatamente, possono essere subito controllati. E infatti in Italia, rispetto al Regno Unito dove 17 bambini hanno subito un trapianto, abbiamo una situazione decisamente migliore”.

Esistono relazioni con il Covid?
“E’ da escludere. Sono bimbi piccoli, non vaccinati. Tutti sono stati sottoposti agli esami per capire se avessero sviluppato gli anticorpi del Covid e solo il 10 % di loro sono risultati positivi. La realtà è un’altra. Non ci sono relazioni con il Covid, ma con qualcosa che è legato alla Pandemia”.

Cioè?
“In questi due anni i bambini sono stati isolati, protetti, hanno indossato le mascherine, si sono lavati continuamente le mani. In pratica sono stati sotto una campana di vetro e tutto questo ha reso il loro sistema immunitario più indifeso. Prima un bimbo che andava all’asilo era a contatto continuo con i virus. Stava spesso male, ma rafforzava il suo sistema immunitario. Oggi il contatto con dei virus , che prima non portavano a reazioni, o che generavano reazioni minime, può invece generare delle forme più aggressive. E’ l’esempio dell’adenovirus. Noi pediatri ospedalieri abbiamo verificato come i bimbi siano stati protagonisti di forme più forti di febbri e bronchioliti rispetto al passato. Un fenomeno che si è sviluppato dopo due anni in cui non abbiamo praticamente registrato nulla”. 

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Paolo Colantoni