Il quotidiano Libero va a fondo sul successo della presidente di Fratelli d’Italia che non si arresta anzi avanza a testa bassa
Un successo senza uguali. Un avanzamento che sembra prodigioso, ma dietro c’è un lavoro enorme che sta dando davvero i suoi frutti e sembra non arrestarsi mai. Ora però è il momento più delicato dove serve dare la scossa definitiva anche e soprattutto nelle alleanze per arrivare alle prossime elezioni in modo sicuro e convinto senza dilapidare un vantaggio incredibile. Ed è tutto nelle mani e nella sapienza di Giorgia Meloni. Lei, scrive Libero, ha più volte ribadito che il motivo principale per cui ha deciso di fondare Fratelli d’Italia, nel dicembre 2012, insieme ad Ignazio La Russa e Guido Crosetto, è stato quello di cercare di recuperare quel patrimonio umano, culturale e sociale che faceva capo a quella che si definiva e definisce la destra politica italiana.
Quella destra, democratica e repubblicana, che nasce nel dicembre 1946 e che si riunisce attorno all’allegoria della Fiamma Tricolore, non a caso sempre presente nei simboli dei tre principali partiti di riferimento di quell’area politica: il Movimento sociale italiano, fino al 1995; Alleanza Nazionale, fino al 2009; Fratelli d’Italia, dal 2012. Solo tra il 2009 e il 2012 quella fiamma non arse, quando Alleanza Nazionale si fuse con Forza Italia, nel Pdl. Sappiamo che quel progetto non funzionò, Fini e Berlusconi litigarono e il Pdl si disgregò. Con quella crisi rischiò anche di disperdersi quella comunità di destra, che aveva viaggiato sempre intorno al 6-12% dei consensi. Non è un caso che, orgogliosamente, la Meloni, dopo il risultato alle ultime Europee, parlò di “aver rimesso in sicurezza la destra italiana“.
Dall’Msi a Fratelli d’Italia c’è stato un salto triplo: dal 7% al 20%
Un’evoluzione pazzesca, quasi da non credere. L’Msi dell’ultimo periodo appariva un partito in buona forma, i sondaggi del momento lo davano intorno al 7%, dopo la crisi seguita alla scomparsa di Giorgio Almirante e al dualismo Fini-Rauti. C’era stato l’exploit della quasi vittoria di Fini a Roma, della Mussolini a Napoli, di Pasquale Viespoli eletto a Benevento. Un Msi che stava per diventare Alleanza Nazionale; ma l’An del 2007, poco prima dello scioglimento, fu un partito diverso. Molto più equilibrato rispetto a sesso ed età, anche se poteva comunque ancora definirsi un sodalizio in cui, con il 58%, prevalevano i maschi e con il 37% di 18-35enni c’era una buona quota di elettorato giovane. Con Fratelli d’Italia cambia ancora tutto. L’elettore del 2017 era ed è l’hard core del partito, quello che si era appena fatto cinque anni al 2-3%; quello che a ridosso delle elezioni che sarebbero state di lì a poco, non sapeva se il partito sarebbe riuscito ad entrare in Palamento. Insomma, un elettore che “ci credeva”.
Cinque anni dopo, tutto è cambiato. Il partito dal 4% del 2018 è passato al 20% dei sondaggi. La composizione per genere si è riallineata ad un 57% di uomini e 43% di donne. Sono arrivate le persone mature: 43% di 56 anni e più; si è abbassato il livello generale di istruzione, pur mantenendo con il 13% una quota di laureati più alta della media nazionale. L’elettore di Fdi è ora ben presente nelle zone più ricche del Paese (54%), ma è ancora presente al Sud (36%). Rimane alta la religiosità (43%) di un elettorato che torna a sentirsi molto “di destra”: 74%. Questo riposizionamento è ben comprensibile se si verifica da dove arrivano i voti nuovi. Rispetto alle Europee 2019, oltre la metà del nuovo consenso a Fdi proviene dalla Lega, il 55%. Il 14% è di Forza Italia; il 9% del M5S. Non ci si stupisca di questo dato, che potrebbe sembrare basso: gli elettori di destra di M5s, che erano tanti, si erano già riposizionati sulla Lega nel 2018/2019 e, probabilmente, da lì stanno arrivando.