Uno scherzo ad un amico si trasforma in 9 anni di problemi legali, tra processi, patteggiamenti e risarcimenti economici
Doveva essere un semplice scherzo ad un amico, quell’abbonamento regalato a sua insaputa alla rivista a fumetti Disney 313, dedicata a Paperino e alla sua inseparabile automobile. Non poteva immaginare che si sarebbe trasformata in un’incredibile odissea giudiziaria.
In nove anni, due indagini, tre procedimenti e due condanne arrivate con il patteggiamento per un totale di 13 mesi. Tutto per uno scherzo che voleva fare ad suo amico. Infatti, l’operaio Fabrizio B. decise, un giorno di nove anni fa, di regalare a sua insaputa all’amico Stefano, l’abbonamento alla rivista a fumetti Disney 313 dedicata all’eroe della Walt Disney, Paperino e alla sua mitica automobile, la decapottabile blu, con la quale è solito portare a spasso i nipotini Qui, Quo e Qua. Stefano, soltanto con l’arrivo del primo numero della rivista con tanto di sollecito di pagamento allegato, ha scoperto dell’abbonamento fatto.
Denuncia contro ignoti
Ignorando lo scherzo dell’amico, Stefano immediatamente ha presentato una denuncia contro ignoti e a quel punto è venuta fuori la verità. Nonostante si trattasse di una semplice burla da parte del suo amico, Stefano, credendosi vittima di qualche truffatore seriale, l’ha presa malissimo, e l’amicizia è andata in frantumi. Nemmeno i 1.000 euro di risarcimento e i l’abbonamento, sono serviti a metterci una pietra sopra, e ad evitare all’operaio un procedimento con l’accusa di sostituzione di persona!
Calvario giudiziario
“Da nove anni non mi do pace, tutto per uno scherzo innocuo. Avevo risarcito Stefano, ma lui è andato avanti e questo mi dispiace”, ha commentato Fabrizio che a quel punto ha dovuto assumere un avvocato per evitare i guai giudiziari di un’accusa di sostituzione di persona e di un procedimento davanti al giudice dell’udienza preliminare. L’uomo ha patteggiato tre mesi di reclusione, con pena sospesa. Ma non solo, il 46enne ha dovuto anche versare 600 euro di spese legali all’ex amico, costituitosi nel frattempo parte civile. Finita lì? Neanche per sogno perché nel frattempo, la Guardia di Finanza aveva controllato l’istanza di gratuito patrocinio e scoperto che Fabrizio non ci aveva messo dentro un paio di lavoretti da operaio e quindi non aveva i requisiti per ottenere un difensore pagato dallo Stato. Morale, altra indagine, altro procedimento, stavolta con l’accusa di aver falsificato l’autocertificazione.
Peggio di un criminale
A quel punto il calvario diventa assurdo, si apre un altro processo per aver falsificato l’autocertificazione. Dopo la revoca all’assistenza gratuita di un avvocato, Fabrizio si è visto costretto a patteggiare 10 mesi di reclusione, ma con pena sospesa. Il teatro dell’assurdo giudiziario tutto italiano avrebbe potuto concludersi qua, ma c’era ancora altro di incredibile e surreale da scrivere. In seguito si è anche scoperto che l’operaio, non aveva diritto alla condizionale. La Corte d’Appello di Brescia ha dunque impugnato la sentenza davanti alla Cassazione e Fabrizio è tornato davanti al gup. Il patteggiamento previsto era sempre di 10 mesi, ma senza più condizionale. Fabrizio, questa volta, ha però ottenuto la trasformazione della pena detentiva in lavori di pubblica utilità.