Polemiche sul documento conclusivo della Conferenza sul futuro dell’Europa. I conservatori attaccano: è agenda iper-federalista. Critiche anche sui costi
Pochi sanno che il prossimo 9 maggio si concluderà la Conferenza sul futuro dell’Europa (Cofoe nel linguaggio burocratico di Bruxelles), il processo di democrazia partecipativa promosso dalla Ue per discutere sul suo futuro. In occasione della Festa dell’Europa, i co-presidenti della Cofoe (Guy Verhofstadt, Clément Beaune e Dubravka Šuica) presenteranno la relazione finale ai presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione: Roberta Metsola, Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen. Saranno loro a decidere il destino del documento conclusivo approvato da tutte le componenti della Conferenza (parlamenti nazionali, Commissione, Consiglio e Parlamento europeo) e che i relatori dei cinque gruppi politici che rappresentano la maggioranza dell’Eurocamera (Ppe, Socialisti, Renew Europe, Verdi e Sinistra) hanno definito “un importante risultato politico”.
Giudizio diametralmente opposto a quello espresso dai Conservatori e da Identità e democrazia. “Questa Conferenza, venduta ai cittadini come un momento di partecipazione democratica, è stata in realtà un esperimento di centralismo democratico”, l’accusa dell’eurodeputato di FdI, Carlo Fidanza. “Come gruppo Ecr abbiamo partecipato ai lavori, ma del nostro contributo nei documenti finali non c’è traccia. Il risultato sono le raccomandazioni che non danno alcuna voce a chi non la pensa nella stessa maniera dei federalisti”. Conservatori critici anche sulla mancanza di trasparenza sui costi e la scarsa rappresentatività. “I cittadini selezionati a partecipare non rappresentano che una piccolissima parte dei 450 milioni di europei. Nei documenti finali il loro parere è stato in larga parte soppiantato da un pacchetto preconfezionato da alcuni gruppi politici più interessati a cambiare i trattati per imporre la loro agenda iper-federalista”, ha spiegato Fidanza. I conservatori giudicano la conferenza una “occasione persa” e hanno già annunciato che non parteciperanno “alla passerella del 9 maggio, degna conclusione di questa farsa”.
Nelle 49 proposte della relazione finale, il primo elemento che salta all’occhio è la totale assenza di ogni riferimento alle radici classiche e cristiane dell’Europa. Se al primo posto del documento c’è spazio per i temi del cambiamento climatico, la questione della natalità non ha dignità propria e viene relegata all’interno del paragrafo dedicato alla giustizia sociale. Si parla di “transizione demografica”, senza specificare cosa voglia dire, e niente di più. La famiglia non è mai citata al singolare ma declinata sempre al plurale, senza specificare la sua composizione. E con un impegno che apre, di fatto, la strada alle adozioni gay e al matrimonio egualitario. Il documento chiede, infatti, di “intervenire per garantire che tutte le famiglie godano di pari diritti familiari in tutti gli Stati membri. Tali diritti dovrebbero comprendere il diritto al matrimonio e all’adozione”. Nessun diritto di cittadinanza per la difesa della vita nascente. In compenso, come fa notare Francesco Giubilei dalle colonne del quotidiano “Il Giornale”, si pone attenzione alla necessità di “proteggere gli insetti, in particolare quelli autoctoni e gli impollinatori”.
Sul fronte dell’immigrazione, poi, il documento tocca in più punti la questione dell’integrazione e della migrazione regolare, senza però dedicare la medesima incisività alla difesa dei confini e al contrasto alla tratta di esseri umani. Si chiede per i richiedenti asilo “accesso al mercato del lavoro in tutta l’UE, ove possibile, allo scopo di potenziare la loro autosufficienza”, ma non si affronta l’ipotesi di aprire centri per esaminare le domande di protezione nazionale nei Paesi di origine e istituire una missione europea per impedire la partenza dei barconi.
6 pagine su 56 sono dedicate al clima e all’ambiente. E tra le tante proposte ne spicca una, che tocca direttamente gli stili di vita degli europei. Il documento chiede di “promuovere un regime alimentare basato sui vegetali” per proteggere clima e ambiente. Dunque, mangiare carne non è ‘green’ e deve essere evitato. Così come vanno tassati “gli alimenti trasformati non sani” (ma non si specificano quali siano e con quali criteri vadano classificati) e bisogna “istituire un sistema di valutazione a livello europeo per gli alimenti trasformati”. Scontato il riferimento al Nutriscore, il sistema accusato dai più parti di colpire le produzioni italiane d’eccellenza a vantaggio delle grandi multinazionali del cibo.
Tra le pagine del documento trova spazio anche per il tema dell’informazione e della libertà d’espressione. E qui le perplessità aumentano, soprattutto nel passaggio nel quale si chiede di istituire “un organismo dell’Ue incaricato di affrontare e combattere la disinformazione mirata e le ingerenze, migliorando la conoscenza situazionale e rafforzando le organizzazioni di verifica dei fatti e i media indipendenti”. Per i critici sono le basi per un “Ministero della Verità” europeo, di orwelliana memoria.