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Economia

Il tradimento dello Stato sui fondi dell’8×1000: la denuncia crea il caso

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Francesco Gnagni

Un tradimento dei contribuenti da parte dello Stato sull’8×1000. Gli italiani scelgono la destinazione dei fondi, lo Stato li ignora. 

(Ansa)

È l’accusa lanciata stamane dal quotidiano La Verità, secondo cui lo Stato deciderebbe in maniera arbitraria come utilizzare i fondi che i contribuenti scelgono invece di destinare con l’8×1000 alle finalità dichiarate dallo stesso. L’opzione di destinare la propria quota dell’imposta sui redditi allo Stato italiano sarebbe “enormemente” cresciuta negli ultimi anni. I numeri mostrano che se nel 2014 la somma destinata allo Stato era di 175 milioni, nel 2015 è salita a 197 milioni, per arrivare a 203 milioni di euro nel 2020.

L’accusa lanciata dal quotidiano La Verità

L’accusa del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro è però legata al fatto che puntualmente, invece che utilizzare questi fondi per intenti nobili o progetti utili per la collettività come indicato a coloro che nella dichiarazione dei redditi mettono la propria croce sulla casella dello Stato, vengano dirottati per altro. Un documento di cui l’inserto Verità e Affari è venuto in possesso affermerebbe che di quella cifra totale relativa all’anno 2016 soltanto un quarto sarebbe finita utilizzata. 

Su 203,8 milioni di euro solo 49,8 milioni avrebbero cioè ricevuto dalla Presidenza del Consiglio l’autorizzazione di spesa, in ragione dei diversi interventi normativi. Il 24 per cento del totale. La sostanza è che lo Stato prende i soldi dei contribuenti sostenendo che li utilizzerà per interventi straordinari come calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali, ma poi li utilizza come meglio crede. Facendoci in realtà ciò che vuole.

Dalla libera scelta informata dei cittadini a una vera e propria sottrazione dalle loro tasche. Qualche esempio? Di quei fondi, 5 milioni sono stati utilizzati per il “personale di volo dipendente delle aziende di navigazione aerea”; 64 milioni per “la gestione dei mezzi della flotta aerea della Protezione civile”; 35,8 milioni, addirittura, per la copertura del debito pubblico. Altri 2 milioni e mezzo per le spese della spending review.

Al netto di altri meccanismi non funzionanti denunciati dal quotidiano, come la sottrazione operata dallo Stato ad altre voci deliberatamente scelte dai contribuenti, come quella sui migranti, emerge che la fetta più grande tra quelle redistribuite riguarda i capitoli “fame nel mondo” e “calamità naturali”. Due voci che di certo non chiariscono molto riguardo al loro effettivo utilizzo.

Al patrimonio storico e artistico invece, invece dei 9,9 milioni spettanti, sono arrivati solamente 2 milioni, a causa dell’ancoraggio di questo interventi solamente ai beni culturali “colpiti da eventi sismici” che si sono verificati dall’agosto 2016 in poi. Tagliando fuori tutta una serie di siti di importanza straordinaria ma che hanno l’unica colpa di non essere stati colpiti dall’ultimo sisma.

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Francesco Gnagni