La bozza di una sentenza della Corte Suprema diffusa online ha generato un fiume di polemiche e proteste negli Stati Uniti. Sui social network sono stati pubblicati gli indirizzi delle residenze private dei giudici e dei loro famigliari, vandalizzate anche alcune chiese
Non è una novità che in alcune parti degli Stati Uniti, nelle zone più conservatrici, sia molto complicato il rapporto con il diritto all’aborto, che ricordiamo era stato imposto nell’intera repubblica federale con una sentenza nel 1973. Nonostante questo c’è chi ancora oggi lo vieta nel modo più assoluto e chi invece rimane in un limbo che lascia alla giustizia ampio margine di decisione a seconda dei casi, con tanto di avallo del presidente Joe Biden, che non ha mai nascosto il proprio sostegno alla causa.
Ecco allora cha la bozza di una sentenza della Corte Suprema pubblicata online ha scatenato il caos in tutto il Paese, portando in piazza coloro che stanno lottando per la libertà di decidere cosa fare del proprio corpo, al motto di “My body, my choice” e con l’hashtag #RiseUp4AbortionRights.
Una protesta che è sfociata anche in una vera e propria caccia ai responsabili, visto che sono finiti nel mirino i giudizi supremi autori di questa sentenza, cioè Clarence Thomas, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh, Amy Coney Barrett, i quali hanno condiviso uno scritto di Samuel Alito con i centri di aiuto alla vita, le chiede cattoliche e i loro fedeli. Il timore (fondato sulla base dei messaggi sui social network) è che la protesta possa prendere dei contorni pericolosi: i manifestanti d’altronde hanno già attaccato l’edificio della Corte Suprema, distruggendo un’automobile della polizia e pubblicando gli indirizzi dei responsabili (e dei famigliari) di questo potenziale annullamento della legge pro-aborto. In generale le contestazioni sono avvenute in molte città statunitensi, come ad esempio Chicago, Los Angeles, New York, Seattle e Portland, dove un centro di aiuto alla vita è stato totalmente distrutto. Anche la Chiesa cattolica è stata presa di mira, con una cappella di Boulder, in Colorado, vandalizzata con slogan in favore dell’aborto sin dalla sera del 3 maggio. Secondo i programmi pubblicati dalle organizzazioni sui social, la protesta arriverà al suo culmine il 14 maggio, con un’altra serie di manifestazioni in tutto il Paese.