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Dare del pelato equivale ad una violenza sessuale? La sentenza parla chiaro

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Paolo Colantoni
Una vicenda accaduta nel Regno Unito torna prepotentemente di moda. Il processo ha chiarito la differenza tra insulto e molestia
Da adesso in poi bisognerà stare attenti a tutto ciò che si dice. Ogni parola, seppur detta con un tono scherzoso e con un intento goliardico, può portare problemi. Le denunce per sessismo, razzismo e altro, sono ormai all’ordine del giorno. E non ci stupiamo più di nulla. Neanche di una sentenza di un tribunale del Regno Unito.
Secondo un giudice inglese, dare del pelato ad una persona, equivale ad una molestia sessuale. La vicenda, accaduta nei mesi scorsi nel Regno Unito, ha suscitato polemiche e riporta alla luce discussioni infinite. Tutto è accaduto nello Yorkshire, dove un elettricista, di nome Tony Finn,  ha citato in giudizio una piccola azienda familiare dove aveva lavorato per quasi 24 anni, per licenziamento ingiusto e molestie sessuali. Tra le altre cose, Finn ha accusato un collega di averlo chiamato un “grasso e calvo ca…o”. Secondo il tribunale, l’uso della parola potrebbe essere “intrinsecamente correlato al sesso” e costituire una forma di discriminazione.

La vicenda

La vicenda ha avuto inizio nel luglio del 2019, quando Finn aveva discusso con il suo superiore in officina. Una lite sfociata in un furioso alterco. I due arrivarono quasi alle mani. È in questa occasione – come ha specificato il Daily Mail – che il collega lo aveva definito un “ca…o calvo”. L’uomo, risentito dell’offesa, ha portato il suo capo davanti ad una giuria, composta  da tre membri uomini. Finn e il suo legale, hanno portato i giurati a chiedersi se, il commento sulla sua calvizie fosse semplicemente un insulto o effettivamente una molestia. “È difficile concludere diversamente. Quelle parole sono state pronunciate con lo scopo di violare la dignità del ricorrente e creare per lui un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo“, si legge nella sentenza. Finn ha anche vinto la causa sul licenziamento ingiustificato.

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Paolo Colantoni