A causa del conflitto, la sua azienda fallisce. Si chiamava Claudio Fiori, prova ad ammazzarsi, ci ripensa ma è troppo tardi. La Meloni: “Lo Stato si interroghi”
Una tragedia immane. Di quelle che ti lasciano il segno, ti fanno riflettere, ma poi non capisci comunque il perché, ti chiedi i motivi e tutti i perché di questo mondo per portare una persona ad arrivare ad un gesto così estremo. E’, senza giri di parole, la prima vittima italiana della guerra in Ucraina. Si chiamava Claudio Fiori e non è un soldato con il mitra in spalla, ma un imprenditore travolto dai debiti a causa del conflitto scoppiato tra Russia e Ucraina. Dopo due anni di pandemia, sono arrivate anche per lui le conseguenze economiche del conflitto. Un colpo fatale e impossibile da sostenere. Quando i rincari delle materie e l’insostenibile costo delle bollette l’hanno costretto a chiudere baracca e burattini, pure lui ha detto basta. L’azienda era la sua vita, la Sce elettronica di San Clemente, un piccolo Comune del Riminese. Fiori ha provato a resistere, con la cinghia stretta fino all’ultimo buco. Cassa integrazione per i 15 dipendenti, ben quindici famiglie, non una cosa da poco, che, con tutti gli sforzi di questo mondo, da parte di Claudio hanno continuato a ricevere lo stipendio.
Ha tentato in tutte le maniere, Claudio di resistere e andare avanti, ma i debiti e il pochissimo lavoro non era sufficiente. E così, viene annunciata la chiusura dell’attività. Lo scorso martedì, nel tardo pomeriggio, chiuso nel suo ufficio, l’imprenditore, amareggiato e depresso, decide di farla finita, beve dell’acido muriatico da una bottiglietta. Un gesto d’istinto, forse. Non meditato, magari, ma spinto dalla disperazione del momento. Già perché poi, devastato dal dolore che provocava l’acido, chiama il 118. Ci ripensa, vuole vivere, nonostante quel mucchio di prob1lemi che gli pesa sulla spalle. Ma è tardi. Troppo tardi. I sanitari arrivano subito nell’azienda. Lui è in condizioni disperate. Lo portano in ospedale. Non serve. Organi corrosi e lacerazioni interne.
Il povero “soldato” e prima vittima italiana del conflitto Claudio Fiori muore poche ore dopo, nel reparto di rianimazione dell’Infermi di Rimini, all’alba di mercoledì: solo e disarmato, ucciso da un’economia di guerra che non sapeva più fronteggiare. Una fine atroce. In Romagna l’imprenditore era piuttosto conosciuto. Produceva quadri elettrici per molte aziende del territorio, specie locali pubblici e discoteche. Ma dopo il Covid, era arrivata l’inflazione. Troppi debiti, dicono. E soprattutto, poche speranze di ripresa. I carabinieri, nel suo ufficio, non hanno trovato nessun biglietto, testamento o messaggio. Ma i motivi che l’hanno spinto a ingollare quell’acido puzzolente sembrano lampanti per chi l’ha conosciuto. Poche ore prima, aveva chiamato i sindacati per dare quell’annuncio che sbriciolava sacrifici e speranze: “Chiuderemo entro qualche giorno“.
I dirigenti della Fiom di Rimini raccontano: “C’erano buoni rapporti con noi. Ed era amato e apprezzato pure dai suoi dipendenti. La ditta non aveva ancora chiuso quando Fiori si è tolto la vita, ma era una questione di ore. La guerra, per lui, è stata il colpo di grazia“. Materie prime e costi energetici: aggravi esorbitanti per le piccole e medie e imprese che fanno andare avanti l’Italia. Come quella di Claudio Fiori: 60 anni, lavoratore infaticabile, uno che c’aveva messo cuore e cervello, senza farsi piegare dal milione di difficoltà che ogni imprenditore deve schivare ogni giorno. Martedì scorso è crollato. La sua azienda, che dava lavoro a 15 famiglie, in ginocchio. Fiori viveva a Taverna, piccola frazione del Comune della Valconca, assieme a moglie e figlia trentenne. “Purtroppo la crisi economica e il rincaro dei costi hanno travolto pure la sua azienda e, da tempo, non riusciva più a mandarla avanti“, dice Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. “Lo Stato si interroghi su cosa non ha fatto e cosa, invece, poteva fare per non lasciare nessuno indietro“.