La regione separatista della Georgia è spinge per la riunificazione, ma il presidente eletto frena. E Mosca aspetta
Una decisione storica. Una di quelle che non porta venti di pace, tutt’altro. L’Ossezia del Sud, regione separatista della Georgia, è sempre più determinata a unirsi a Mosca: nelle ultime ore la leadership ha annunciato un referendum sull’annessione alla Russia, previsto per il prossimo 17 luglio. Anatoly Bibilov, attuale presidente dell’autoproclamata repubblica (che il prossimo 21 maggio sarà sostituito da Alan Gagloyev), ha firmato il decreto che stabilisce la data del referendum definendosi “guidato dal desiderio storico del popolo della Repubblica dell’Ossezia del Sud per la riunificazione con la Russia“.
Gagloyev, tuttavia, ha chiarito: “Sostengo pienamente l’idea di una riunificazione del popolo osseto con la Russia, ma un’altra questione è se questo sia il momento giusto per spingere per questo referendum“. Gagloyev ha detto di non essere sicuro che Babilov si sia consultato con Mosca prima di prendere la sua decisione.
Il Cremlino attende fiducioso l’esito, ma qualche attrito interno non manca
Come riporta a fine marzo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha affermato che Mosca «rispetterà» i risultati del referendum in Ossezia del Sud sull’unificazione con la Russia. Il ministro degli Esteri georgiano David Zalkaliani, d’altro canto, ha affermato in precedenza che un referendum sull’adesione dell’Ossezia del Sud alla Russia non avrebbe alcun valore legale durante l’occupazione.
Bibilov, ha commentato su Telegram: “Russia e Ossezia del Sud sono legate da una storia comune, hanno un rapporto di fiducia paragonabile a quello di due fratelli, dove il fratello maggiore capirà e sosterrà sempre, a parole e con i fatti, il fratello minore, e quest’ultimo rispetterà e aiuterà il fratello più grande, pienamente consapevoli dell’autosufficienza e dell’uguaglianza dei diritti di ciascuno. È ora di unirci una volta per tutte. Per diventare più forti in questa unione ormai ufficiale”. Notizie che arrivano che non fanno altro che alimentare la tensione anche se la distanza con l’Ucraina è notevole.