L’ex presidente dell’Anm appare scettico sulla partecipazione, mentre sulla riforma spiega: “Resterà lo strapotere delle correnti”
Il 12 giugno gli italiani saranno chiamati alle urne per decidere sul referendum sulla giustizia, ma se parla poco. O meglio, non come si dovrebbe per un argomento così importante e delicato. E’ il pensiero dell’ex magistrato Luca Palamara espresso al quotidiano Il Giornale. “Se ne parla poco – dice l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati – per impedire una partecipazione attiva dei cittadini su temi che invece per l’opinione pubblica sono cruciali. I referendum potrebbero essere la leva per spingere la politica a intervenire su problemi come la separazione delle carriere o l’ingiusta detenzione, o per capire come viene davvero esercitata la giustizia in questo paese. È per impedire che questi nodi vengano affrontati che si è scelto di parlare il meno possibile dei referendum”.
Intanto l‘Anm chiama allo sciopero per domani i magistrati contro la riforma della giustizia del ministro Cartabia. Che adesione si aspetta? “É difficile fare previsioni, i magistrati vanno convinti uno per uno. La cosa certa è che molti di loro si sentono lontani dalle tematiche agitate dall’Anm, e che la magistratura è divisa come non mai. Tanti magistrati non si ritrovano più nei sistemi tradizionali, hanno capito i guasti del sistema e non ci stanno più ad essere omologati ad esso». L’Anm dipinge la riforma Cartabia come un mostro anticostituzionale. Non è così? “No, e lo sanno tutti. Pensiamo solo alle novità sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. Se l’obiettivo era riportare alla normalità i rapporti tra politica e magistratura è chiaro che non è questa riforma a poterlo raggiungere“.
I magistrati in sciopero contro la riforma del ministro Cartabia
L’Anm contesta i sistemi di valutazione dei magistrati, parla di “pagelle”. “L’idea che il lavoro di un magistrato non possa essere soggetto ad alcun tipo di valutazione è inaccettabile per qualunque cittadino normale. Certo, senza intaccare autonomia e indipendenza». Eppure la Cartabia era partita bene, poi ha annacquato tutto strada facendo. Perché la politica ha così paura della reazione delle toghe? “Alla fine scatta l’istinto di non invadere il campo altrui, anche perché la reazione possono essere indagini della magistratura che a loro volta attacchino la politica. Così si sceglie la strada della composizione bonaria, dell’accordo. Ma intanto i problemi non vengono affrontati“.
Il prossimo Csm verrà eletto con un sistema diverso. “Non cambierà niente. Anche le prossime elezioni saranno dominate dal sistema delle correnti, saranno le correnti a decidere chi farà parte del prossimo Consiglio superiore. Che non si voglia cambiare niente lo dimostrano anche le ultime nomine, dominate anche esse da logiche correntizie. Senza nulla togliere al valore di Giovanni Melillo, è chiaro che la sua nomina alla Procura nazionale antimafia ha sacrificato chi del sistema non faceva parte come Nicola Gratteri. Il sistema non cambia, le correnti si accordano e il resto del Csm si accoda. Solo il sorteggio può spezzare lo strapotere delle correnti».