Arresti in Sicilia, Calabria e Liguria: Un’operazione che ha portato in manette oltre 30 persone: ecco cosa facevano
Colpo durissimo infitto alle cosche mafiose. La Polizia di Stato e i Carabinieri di Palermo hanno infatti arrestato oltre 30 persone coinvolte in associazioni mafiose e che si trovavano in Sicilia, Calabria e il Liguria. E’ stata eseguita una misura cautelare nei confronti di 31 indagati accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, detenzione e produzione di stupefacenti, detenzione di armi, favoreggiamento personale ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso.
Un intervento studiato e pianificato da tempo e che è stato messo in scena nelle prime ore del mattino. Per 29 è scattato il carcere e due sono finiti agli arresti domiciliari. Le indagini sono state coordinate dalla Dda. L’inchiesta ha permesso di fare luce sull’organigramma delle famiglie mafiose dei mandamenti di Ciaculli e Brancaccio, che comprende clan come Corso dei Mille e Roccella. Gli arresti sono scattati in piena notte e sono stati eseguiti a Palermo, Reggio Calabria, Alessandria e Genova. In particolare le indagini che hanno fatto luce sui nuovi vertici del clan di Brancaccio hanno accertato che, dopo un blitz condotto nel 2019, le famiglie mafiose hanno cercato di riorganizzarsi. Sono così stati identificati capi, gregari e “soldati,” affiliati a cosa nostra che avrebbero messo a segno decine di estorsioni, commesse a numerosissimi commercianti e imprenditori e avrebbero gestito le piazze di spaccio sparse sul territorio di Brancaccio.
Secondo gli inquirenti, molti dei profitti legati alle estorsioni sono stati utilizzati per mantenere e sostenere le famiglie dei boss arrestati. Nell’ordinanza vengono ricostruite e documentate 50 estorsioni ai danni di titolari di esercizi commerciali: dal piccolo ambulante abusivo fino all’operatore della grande distribuzione. Il pizzo veniva imposto a tutti gli operatori economici. L’estorsione non ha risparmiato neppure venditori di prodotti tipici palermitani. Un gestore di un chiosco che vendeva sfincioni (una focaccia tipica palermitana) dopo aver trovato i lucchetti bloccati dall’attak si è rivolto ad uno degli indagati per la “messa a posto”. Anche un imprenditore edile si è rivolto alla famiglia di Brancaccio per poter costruire appartamenti ed avere una protezione. I sopralluoghi degli uomini del racket e la richiesta di pizzo sarebbero avvenuti anche nei cantieri in prossimità di un commissariato di polizia.