Dalla fama all’anonimato, dai gol all’abbandono: la storia dell’ex calciatore commuove tutti. Ora cerca una nuova sfida
Nel nostro immaginario collettivo i calciatori vivono in un mondo d’orato, fatto di fama, successo, soldi e tutti i confort possibili e immaginari. Le belle donne, le macchine di lusso, le ville, le feste private e tanti altri privilegi (compreso il fare soldi attraverso un gioco amato da tutti) che solitamente accompagnano la loro vita. Ma non per tutti è così.
Esistono giocatori, dalla storia calcistica importante e dal cognome ingombrante, che non sono riusciti a sfondare. Che hanno dilapidato i propri risparmi o, peggio ancora, finiti in mano a persone sbagliate. Ex calciatori finiti in miseria e dimenticati da tutti. Nonostante un passato legato al dorato mondo pallonaro. E’ il caso di Maurizio Schillaci, cugino del più famoso Salvatore, eroe dei Mondiali di Italia 90 ed ex centravanti di Juventus e Inter. Rispetto al più conosciuto parente, Maurizio ha avuto una carriera in tono minore, ma è riuscito ugualmente a togliersi delle soddisfazioni: ha giocato nel Palermo, nel Messina e soprattutto nella Lazio, legando il suo nome ad una delle stagioni più drammatiche della storia biancoceleste.
Schillaci ha fatto parte della famosa “Lazio del meno nove”, che nella stagione 86-87 è stata capace di ottenere un’insperata salvezza nel campionato cadetto, nonostante una penalizzazione (figlia del secondo calcio scommesse) di nove punti. Schillaci è stato guidato da Eugenio Fascetti. Era uno degli attaccanti a disposizione (la prima alternativa a Giuliano Fiorini) e nella stagione fu decisivo nella trasferta di Cagliari, quando realizzò il gol vittoria. Poi il passaggio al Messina (con Zdenek Zeman in panchina) e altre avventure tra serie B e C. Ma la sua carriera ha fatto fatica a decollare e il post è stato ancora peggio.
In una recente intervista ha parlato della dipendenza dalla droga e delle difficoltà riscontrate a seguito dei suoi primi ‘problemi’ di salute. “I medici sociali mi hanno rovinato. Secondo loro ero un malato immaginario, un siciliano senza carattere. Questo, dopo tanti anni, ancora non mi va giù. Dicevano che non avevo voglia di giocare, la realtà è che avevo lo scafoide del piede destro lesionato e in necrosi”. Infine: “Per un anno ho continuato a dire che stavo male, ma nessuno mi credeva. Alla fine per farmi fare finalmente una stratigrafia ho dovuto attendere il mio successivo trasferimento al Messina, in Serie B”.
Maurizio negli anni ha perso tutto. Soldi, fama, amici e parenti. “Sono stufo di sentirmi dire che ero più forte di mio cugino. Anche se fosse così, io non lo direi mai”. Per anni ha dormito nella sua macchina, una Fiat Panda, in compagnia del suo inseparabile cagnolino Jonny. Oggi prova a guardare avanti e a 60 anni compiuti cerca un nuovo lavoro. Lontano da quel mondo del calcio che non ama più. “Finché giochi tutti ti amano, ma quando smetti ti ritrovi da solo. È il vuoto. Mi ha dato tanto ma mi ha tolto ancora di più. Per questo ora non lo guardo, me ne sono distaccato radicalmente”.