In Italia la vera guerra è dentro il Parlamento: Draghi vuole il pugno duro

Da giorni in Parlamento continuano a crescere le fibrillazioni politiche, e se prima il premier Draghi sembrava affrontare il problema con sicurezza ora le cose sembrano leggermente cambiate. 

draghi
(Ansa)

Mario Draghi sembra essere sempre più preoccupato dalle tensioni che lacerano la maggioranza che lo sostiene e ormai i notisti politici notano da giorni come stia avanzando nel tentativo di “prendere di petto” la situazione. 

Di fatto, fino ad ora le continue mediazione non hanno portato ai risultati sperati, complice la riottosità dei partiti, specchio del proprio elettorato sempre più cangiante e instabile nell’era della rete, e delle elezioni politiche che mese dopo mese si avvicinano sempre più.

Ogni partito cerca di incassare risultati

Dai temi economici a quelli bellici, quasi ogni partito cerca di portare a casa il proprio risultato, mentre l’unità politica si allontana ad ogni istante e sembra sempre più un miraggio lontano, tenuto insieme soltanto dall’opportunismo del contingente.

Che sta a significare poi, sullo sfondo, la delicatissima partita del Pnrr. Ci ha pensato ieri il commissario Ue per l’Economia, l’ex premier italiano del Pd Paolo Gentiloni, che davanti alla crisi ha indossato la casacca europea parlando di redistribuzione delle risorse ai membri Ue che finora non ne hanno avute, e che non si può più proseguire con i ristori illimitati.

Per cui, quello che si profila all’orizzonte è uno scenario segnato dalle esigenze di bilancio dovute alle spese conseguenti alla crisi bellica. In tutto ciò, è il leitmotiv, l’Italia deve stare attenta a non indietreggiare nella sua “credibilità”. 

Ci si chiede però se il messaggio di Gentiloni sia stato “recepito” in Italia, o meglio quale sia il suo vero peso rispetto alle decisioni dei singoli partiti, che da un momento all’altro potrebbero anche impugnare il vessillo anti-europeista, ma non in questo momento in cui la partita economica in ballo è estremamente alta.

Il passo indietro di Berlusconi e il terreno minato della sinistra

Lo dimostra il passo indietro di Silvio Berlusconi riguardo le sue esternazioni sulla crisi ucraina, che ha dovuto ribadire pienamente europeismo, atlantismo e sostegno quasi incondizionato a Draghi e al suo governo. Diversamente pacato il leghista Matteo Salvini, che ha affermato di non volersi fare dettare la linea da Bruxelles, mentre invece non sembra pervenuto il pentastellato Giuseppe Conte.

Il partito di cui si candida ad essere leader, non solo sulla carta, sempre più gli si sta sfilando dalle mani, mentre lui cerca di portare avanti le battaglie ambientaliste storiche, ad esempio quella sul no al termovalorizzatore a Roma. Senza contare l’enorme difficoltà a sinistra di tenere insieme quel cosiddetto “campo largo” che sembra molto più simile a un terreno minato. 

Insomma, come notano oggi molti quotidiani, la crisi politica è tutt’altro che lontana e coinvolge in sostanza l’intero arco parlamentare. Nonostante la caduta del governo, vista la crisi ucraina e l’arrivo del Pnrr, sia sostanzialmente impossibile. Per cui alla fine, come sempre, tragicamente, vincerà il compromesso.

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