Da Maria Falcone, sorella del magistrato, ai politici, fino agli esponenti della lotta alla Mafia. Ecco le reazioni a 30 anni di distanza dalla strage
La strage di Capaci, che trent’anni fa portò alla morte di Giovanni Falcone, della moglie e dei componenti della sua scorta, ha segnato uno dei momenti più drammatici del nostro Paese. Con l’uccisione dell’uomo più rappresentativo della lotta contro le Mafie, si è scritta una pagina molto dura della nostra storia. Momenti che hanno toccato tutti. Ma che hanno devastato le famiglie degli eroi caduti sull’autostrada siciliana.
“Abbiamo vissuto quegli anni nella paura, la paura c’era anche in me per i miei figli. Sono sicura che anche Giovanni avesse paura. Lo capii quando si preoccupò della mia famiglia prima di andare all’Asinara”. Lo ha detto Maria Falcone intervendo alla “La Repubblica della memoria” la manifestazione per commemorare il trentesimo anniversario della strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Un evento in cui artisti, magistrati, intellettuali, politici, giornalisti ricordano quei tragici giorni.
La sorella del giudice ha poi aggiunto: “C’è tanto ancora che non sappiamo sulla strage. Abbiamo messo in carcere i capi della mafia, ma ce lo dicono anche i processi, dietro la mafia c’è stata una grande convergenza d’intenti. Ecco questa verità non la conosciamo. Mi auguro che adesso grazie a qualche nuova confessione riusciamo a capire chi c’era dietro le stragi”. Un pensiero condiviso anche da Tina Montinaro, vedova di Antonio, caposcorta di Falcone. La richiesta di verità torna prepotentemente di moda, al pari della voglia di guardare avanti. “Da quella tragedia nacque la stagione dei diritti per Palermo e per la Sicilia”. Lo ha detto il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. “La mafia ha più paura di un giovane che chiede i suoi diritti che di un poliziotto che impugna un’arma”.
“Le nostre Torri Gemelle”
L’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, spiega perfettamente cosa ha rappresentato per l’Italia la strage di Capaci. “Prendo in prestito un felice paragone di Andrea Camilleri: domani commemoriamo i 30 anni delle nostre torri gemelle, tale è stata l’importanza per l’Italia delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Hanno cambiato la nazione, hanno cambiato la mia vita”. Caselli continua: “Le parole di Antonino Caponnetto quando torna a Palermo per il funerale di Paolo Borsellino: “E’ tutto finito, non c’è nulla da fare” sono il simbolo del disorientamento che tutta la nazione viveva in quel momento. Io per primo ho dovuto attendere di recuperare i punti di riferimento per capire cosa potevo fare per dare una mano. E ho presentato domanda di trasferimento a Palermo”.