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Rifiuta due lavori, i giudici la condannano: l’incredibile caso di una 22enne

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Paolo Colantoni

Prima il rifiuto ad un posto da segretaria, poi quello da cameriera. La sua storia è finita addirittura in Tribunale

Nelle ultime settimane sono divampate le polemiche relative ai giovani e alla loro voglia di mettersi al lavoro. Qualcuno ha chiesto maggior sacrificio ai ragazzi, rimproverando loro di non voler fare pratica, preferendo il reddito di cittadinanza; altri hanno risposto parlando di retribuzioni basse e di mancata tutela. Ma esistono anche casi limite: ragazzi che potrebbero lavorare, che decidono di rifiutare proposte allettanti e che rimangono senza un soldo, perdendo anche gli assegni mensili.

E’ il caso di Adele, una ragazza di 22 anni di Gorizia, figlia di genitori separati e munita del diploma di maturità, che ha rifiutato due lavori: il primo a tempo determinato, mentre il secondo era il classico posto fisso. La prima offerta le era arrivata  dal padre: un posto da segretaria nel suo studio legale. Adele ha rifiutato perchè sperava di fare la cameriera. Ma quando le si è presentata l’occasione ha detto di no anche ad una nuova offerta: un lavoro a tempo indeterminato come cameriera in un ristorante. Ora la Cassazione ha respinto il suo reclamo per riavere dal padre l’assegno mensile di 300 euro: per i giudici la mancata indipendenza economica è “esclusivamente sua colpa”.

Ad avviso della Cassazione, il ricorso di ‘Adele’ – che ha fatto presente la sua “giovane età” e il suo “percorso professionale ancora in itinere” – è “manifestamente infondato“. I giudici hanno spiegato che “le ragioni che deponevano per la revoca dell’assegno”, rimarcando comeil mancato raggiungimento dell’indipendenza economica di ‘Adele’ dovesse imputarsi esclusivamente a sua colpa, per aver ingiustificatamente rifiutato plurime offerte di lavoro, nonostante difettasse ogni prova di sue particolari inclinazioni o attitudini o di sue ben precise aspirazioni professionali che l’avessero determinata a compiere, ed a seguire con costanza, una diversa e coerente scelta progettuale alternativa”. A far andare il padre su tutte le furie, dopo il doppio ‘no’ ai posti di lavoro stabili, era stata l’intenzione di Adele di iscriversi a un corso di grafologia. Un’idea subito abbandonata e sostituita da un corso (frequenza una volta la settimana) per ottici al quale si era iscritta velocemente per non perdere l’assegno del padre (su spinta della madre e del fratello).

I motivi della sentenza

La donna ha rifiutato due lavori

Deve escludersi che l’assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione – sottolinea la Cassazione – venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all’acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all’andamento dell’occupazione o del mercato del lavoro“. E’ rimasto in piedi, invece, il diritto di ‘Carlo Andrea’, il fratello diciottenne di ‘Adele’, di ricevere i suoi 300 euro al mese dal padre che voleva toglierli anche a lui “per lo scarso rendimento scolastico per il quale si era ritirato dal quarto anno per non essere bocciato, per le sue ripetute assenze, le note disciplinari, i suoi comportamenti inadeguati e ingiustificati”. La Cassazione ha condiviso la decisione della Corte di Appello che ha stabilito che “non si poteva tenere conto della condotta morale” del ragazzo, come insisteva il padre ‘censore’, e che l’assegno gli tocca di diritto in quanto alla fine è stato ammesso all’ultimo anno del liceo e quindi c’è la “possibilità che completi gli studi”. E poi non è colpa sua se non è ancora indipendente dato che “è appena diventato maggiorenne” e “non c’è prova che il lavoro offertogli dal padre e rifiutato sia conforme alle sue attitudini e aspirazioni”.

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Paolo Colantoni