Strage in Texas, coach Nba contro il governo Usa: “Adesso basta!”

Durissimo sfogo dell’allenatore di Golden State contro la politica delle armi negli Stati Uniti. E arriva anche il tweet di LeBron.

Una tragedia con tanti precedenti. Ennesima carneficina negli Stati Uniti, ancora una volta il bersaglio è stata una scuola elementare: il bilancio finale è di 19 bambini morti, a cui si aggiungono 2 insegnanti. Il dito ancora una volta viene rivolto alla politica delle armi negli Usa, che consente davvero a chiunque – in determinati Stati – di poter possedere un’arma da fuoco. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e nessuno sembra voler intervenire.

Steve Kerr
Il coach di Golden State è apparso visibilmente commosso durante la conferenza stampa (Ansa)

Ecco perché è ancora una volta il mondo dello sport ad alzare la voce. Il primo a prendere posizione è stato LeBron James, stella dei Los Angeles Lakers. “Quando è troppo è troppo – ha twittato James -. Sono i nostri bambini e noi continuiamo a metterli in pericolo a scuola. Sul serio, “A SCUOLA” dove dovrebbero essere il più sicuro. Tutto questo deve cambiare, DEVE“. Stesso messaggio lanciato dal quarterback dei Kansas City Chiefs vincitori del Super Bowl, Patrick Mahomes.

Lo sfogo di Steve Kerr in conferenza stampa

La condanna più dura però è arrivata da parte del coach di Golden State, Steve Kerr, che prima della sfida dei playoff Nba contro Dallas ha dichiarato: “Oggi qualsiasi domanda sul basket non ha importanza. Negli ultimi dieci giorni, abbiamo avuto anziani neri uccisi in un supermercato a Buffalo, abbiamo avuto fedeli asiatici uccisi nel sud della California, ora abbiamo bambini uccisi a scuola. Quando faremo qualcosa? Sono stanco. Sono così stanco di fare le condoglianze alle famiglie devastate che sono là fuori“.

L’attacco di Kerr è rivolto soprattutto ai membri del Senato che si sono opposti a una legge che rendesse più severo il criterio di assegnazione delle armi: “Il 90% degli americani, indipendentemente dal loro credo politico, vuole controlli più stringenti – ha sottolineato -. Invece siamo tenuti in ostaggio da 50 senatori a Washington che si rifiutano persino di metterlo ai voti, nonostante sia quello che noi americani vogliamo“.

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