I cambi repentini e le dichiarazioni inattese di Biden sul tema della difesa militare hanno provocato la risposta della Cina, che passa al contrattacco minacciando gli Usa. A rischio però c’è tutto l’Occidente.
Una partita che si gioca su aspetti apparentemente in ombra, come il controllo sulla produzione dei semiconduttori. La tensione infatti, dopo le parole pronunciate da Biden, non si placa ma cresce. Il presidente Usa aveva provato ad accennare che il suo Paese sarebbe intervenuto militarmente in difesa del Taiwan, rinunciando in sostanza ad ogni tatticismo strategico, ma esplicitando subito che cosa ha in mente il governo statunitense.
La risposta del portavoce del ministro degli esteri cinese è stata particolarmente ruvida: nessun popolo può fermare la “riunificazione nazionale”, è stata la sostanza del messaggio. “Compresi gli Usa”, a cui consigliano di ascoltare una “vecchia canzone cinese”, che fa: “Quando arriva un amico, c’è del buon vino. Se arriva lo sciacallo, c’è un fucile per salutarlo”.
Insomma, nulla di incoraggiante per lo stato della pace nel mondo, e nemmeno per la democrazia americana, con Biden ancora una volta smentito dai suoi stessi collaboratori, che tentano di mettere una pezza su un buco che di volta in volta si fa sempre più largo, e pauroso. Tanto che Trump paventa, fuori dai denti come suo solito, il rischio avanzato di una guerra nucleare. L’ex segretario di Stato Mike Pompeo ha parlato di “molta confusione all’interno di questa Casa Bianca”.
“Questa non è stata una dichiarazione utile per la politica esterna americana”, ha affermato Pompeo. Mentre dall’altro lato, i nemici, stanno a guardare, quasi aspettando il cadavere americano passare le sponde del lago e giungere a riva, inerme. La crisi ucraina non è infatti certo la prova delle capacità di Biden nel mantenimento della pace, mentre l’instabilità internazionale cresce di giorno in giorno.
Il dossier di Taiwan, in tutto ciò, cresce nella sua delicatezza, in quanto per Pechino sta diventando il test del suo progetto di nuovo ordine cinese. In mezzo però c’è la questione tecnologica, e il fatto che Taiwan sia il maggior produttore di semiconduttori al mondo, quelli con cui si costruiscono i microchip. Un ruolo che ha un’importanza crescente in un mondo sempre più avvinghiato dal mondo hi-tech, di cui non può più fare a meno.