Propaganda criminale impazza sui social network: nelle ultime ore si è tenuto un evento organizzato dalla Fondazione Magna Grecia
Che i social hanno cambiato il modo di vivere ed anche il mondo questo non è assolutamente un mistero. Anche le mafie vengono raccontate in maniera del tutto diversa. Se prima i boss si nascondevano per non far vedere a tutti il loro potere adesso è decisamente l’inverso.
La maggior parte di loro fa di tutto per apparire: ville, auto, gioielli e tanto altro oltre che a far vedere i loro guadagni. Proprio in merito a questo ha voluto dire la sua il professore dell’Università di Salerno, Marcello Ravveduto, che ha voluto raccontare questo loro cambiamento.
Per lui si tratta di un nuovo strumento di propaganda: “Siamo passati ai racconti di mafia a quelli della mafia“. L’evento organizzato dalla Fondazione Magna Grecia (con il prezioso aiuto da parte del Gruppo Pubbliemme, Diemmecom, LaC Network, ViaCondotti21 e l’Università LUISS) prende il nome di “Le mafie ai tempi dei social“.
Per Ravveduto le mafie sono un brand e che hanno imparato dai cartelli dei Narcos: “Twitter è la loro agenzia di stampa, Instagram il loro magazine, Facebook la tv generalista e TikTok il reality show“. Per quanto riguarda la musica? “Hanno una loro colonna sonora, la trap“. Un fenomeno che è cambiato anche su Google, proprio come ha spiegato lo scrittore e storico delle mafie, Antonio Nicaso: “Alle organizzazioni criminali basta cercare una famiglia su internet per sapere tutto di loro“.
Discorso che vale anche per il cinema come ha spiegato il critico Emiliano Morreale: “Solamente Gomorra ha cambiato le cose. Le rappresentazioni cinematografiche delle mafie non sono uno specchio della realtà, ma un sintomo“. L’obiettivo della docente dell’Université Cote d’Azur, Manuela Bertone, è quello di combattere tutto questo: “Basta mitizzare i mafiosi e farli diventare leggende“.
In conclusione il numero uno dell’Organismo di Vigilanza della Fondazione Magna Grecia, Antonello Colosimo ha dichiarato sui reati di contraffazione: “Solo nel 2020 la contraffazione in Italia ha avuto un giro d’affari di più di 6 miliardi di euro, 4800 miliardi di mancate entrate per il Fisco italiano. Su WhatsApp e WeChat ormai c’è il 70% del mercato dei prodotti contraffatti. Non molti sanno che la quota maggiore sulle vendite va ad associazioni terroristiche come Al Qaeda“.