Durante un’intervista rilasciata al sindacato dei calciatori, il centrocampista dell’Inter ha paragonato le tante partite alla schiavitù.
Più passano gli anni, più aumentano le partite. Nelle ultime stagioni, sia a livello di club che di nazionali, gli organismi a capo del calcio hanno istituito nuove competizioni per aumentare il numero dei match e, di conseguenza, dei ricavi. La Conference League e la Nations League sono solo due esempi di quanto si rincorrano gli interessi economici, anche a discapito della qualità e della spettacolarità del gioco.
Negli ultimi tempi in molti, tra allenatori e calciatori, si sono lamentati per le troppe partite da giocare. Non più di qualche mese fa era stato un top player come De Bruyne a sollevare la questione dei tanti impegni che i giocatori sono chiamati ad affrontare durante una stagione tra campionato, coppe e nazionali. Ma c’è anche chi è andato oltre, scomodando questioni ben più gravi del gioco del calcio.
L’ultimo ad alzare la voce in merito ai troppi impegni dei calciatori durante una stagione è stato Arturo Vidal. In un’intervista rilasciata al sindacato dei calciatori Fifpro, il cileno ha addirittura messo sullo stesso piano le partite di calcio alla tratta degli schiavi. “Il calcio è una festa sociale, non un centro di schiavitù“, ha dichiarato il centrocampista dell’Inter. Una frase molto grave, che non è certo passata inosservata e che ha scatenato immediatamente la polemica riguardo i privilegi dei calciatori.
“Tutte queste partite – ha aggiunto – mettono a rischio la nostra incolumità, perché riducono le nostre prestazioni e abbreviano le nostre carriere. Questa situazione colpisce soprattutto i giocatori che devono percorrere lunghe distanze, come i sudamericani. Come in qualsiasi lavoro, è importante allontanarsi da ciò che svolgiamo quasi tutto l’anno“.