Il Cremlino: “In Ucraina distrutte le armi italiane”. La risposta dall’Italia

Oltre il danno la beffa: il Cremlino afferma in una nota ufficiale che l’esercito russo ha distrutto una base in cui vi erano armi inviate dall’Italia, documentando l’accaduto con un video. Poi arriva la replica del Ministero della Difesa italiano.

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(Ansa)

Secondo quanto si apprende dal fronte ucraino, le forze russe avrebbero distrutto postazioni dell’esercito locale in cui erano in uso alcune delle armi fornite a Kiev dal governo italiano. Nello specifico, si tratta di obici da 155mm. L’indiscrezione è stata resa nota dal ministero della difesa russo.

Il ministro russo ha spiegato che “dopo una ricognizione da parte di un equipaggio di drone, un colpo di artiglieria di alta precisione è stato sferrato sulla postazione di tiro”. Nella nota ufficiale diffusa dagli organi del Cremlino si è aggiunto poi che “il controllo successivo ha confermato la distruzione da parte degli artiglieri russi di un plotone di artiglieria d nazionalisti ucraini con obici da 155 mm”.

La ricostruzione russa e la smentita italiana

Secondo quanto emerge dalle successive ricostruzioni, infatti, le postazioni in cui si trovavano i militari ucraini e in cui vi erano anche le armi di fabbricazione italiana sono state in un primo momento rilevate da un drone russo. Poi, subito dopo, distrutte dall’artiglieria.

Mosca ha così anche pubblicato il filmato in cui avviene la distruzione della postazione di tiro attraverso l’artiglieria pesante, che la stessa fonte russa avrebbe spiegato essere stata consegnata loro direttamente dall’Italia.

Nel video viene mostrato il punto in cui l’attrezzatura era stata collocata, nello specifico adiacente a una strada situata in una zona forestale. Nell’immagine si vedrebbe con chiarezza il momento in cui il razzo lanciato contro la batteria esplode, provocando la distruzione del sito.

Tuttavia in un secondo momento fonti del Ministero della Difesa italiana avrebbero smentito la versione russa e la successiva ricostruzione. Da Palazzo Baracchini infatti escludono la possibilità che la notizia diffusa dalle fonti russe, relative al sito distrutto e rilanciata con un video dei mezzi informativi del Cremlino, potesse contenere materiali inviati dall’Italia.

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