L’idea del segretario del Partito Democratico rimanda a un’antica “tradizione” della sinistra italiana: quella di cambiare nome per dare nuova coloritura alla stessa proposta politica.
Secondo quanto afferma il quotidiano Libero, sarebbe questa la tentazione del partito guidato da Enrico Letta in vista delle prossime elezioni politiche italiane. Quello di cambiare nome alla sua formazione, cercando di andare nella direzione di un nuovo “contenitore” simile all’Ulivo, che i sondaggi indicano come portatore di un 3% in più rispetto ai numeri di cui il Pd gode attualmente.
Nonostante manchi ancora un anno, già al Nazareno l’idea comincerebbe a farsi strada in vista delle prossime elezioni, quelle del 2023 che vedono il principale partito della sinistra inseguire lo schieramento di Fratelli d’Italia guidato da Giorgia Meloni. Le previsioni non sono infatti nuove per la sinistra. I sondaggi danno il centrodestra avanti praticamente ovunque, dal Nord al Sud.
In particolare al Nord, in quelle aree in cui storicamente la sinistra fa fatica ad imporsi e dove il Movimento 5 stelle sta praticamente scomparendo. Se la Lega invece continua ovviamente ad andare forte, stavolta a sfondare è Fratelli d’Italia, che con il suo atlantismo sta guadagnando il favore di tanti piccoli e medi imprenditori. Lo stesso pare che stia accadendo al Sud, dove i voti che furono del Movimento grillino stanno virando verso la proposta meloniana.
Tutto questo invalida pesantemente il progetto di puntare a un’alleanza tra sinistra grillini per combattere l’avanzata della destra. Pregiudicando pesantemente l’ipotesi di una vittoria nel 2023. Il centrodestra unito, scrive Libero, viaggia intorno al 45%, molto sopra il centro-sinistra anche qualora decidesse di reclutare tutte le varie formazioni centriste, da Calenda in poi, con i quali non sarà tra l’altro per niente semplice trovare intese su tutti gli argomenti.
Così è balzata in campo la “novità” della sinistra, che è in realtà una consuetudine che la caratterizza ormai da anni, almeno dall’inizio della Seconda Repubblica: quella di cambiare nome. Il modello è quello che mise in campo Romano Prodi con L’Ulivo, che fece fare il salto alla sinistra. Il nome potrebbe essere “Progressisti”, o “Alleanza dei Riformisti”, e farebbe contenti anche altri esponenti di vecchie intese come Pierluigi Bersani o Roberto Speranza.
Ma l’idea potrebbe sembrare però, ai più, poco altro che l’ennesima trovata gattopardesca, quella di cambiare nome per non cambiare nulla. E in tempo di forte disaffezione alla politica, risultare controproducente.