L’esterno bosniaco parla anche dell’addio alla Lazio. “Nessuno mi ha chiamato, nessuno ha organizzato una festa”
A distanza di un anno dall’addio alla Lazio e pochi giorni dopo il successo della Roma in Conference League, che ha portato i tifosi giallorossi a tentare di sminuire la vittoria dei biancocelesti nella Coppa Italia del 2013 (giocando sulle due date: il 26 maggio il successo biancoceleste contro i giallorossi, il 25 quello della Roma in Conference), Senad Lulic torna a parlare. Ribadisce l’unicità della vittoria laziale nella prima (e fino ad oggi unica) finale in cui i due club si sono contesi un trofeo, e ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
Molti tifosi giallorossi hanno approfittato dei festeggiamenti per la vittoria in Conference League (effettuati il 26 maggio, giorno successivo alla vittoria dei giallorossi contro il Feyenoord) per provare a sminuire la vittoria laziale nel derby del 2013, valido per la finale di Coppa Italia. Una sfida che si decise con la rete di Senad Lulic, che al 71′ minuto di gioco, ha siglato uno dei gol più importanti della storia laziale. In una gara ancora oggi ricordata, con sentimenti opposti, da entrambe le tifoserie. “Il 26 maggio è e sarà sempre della Lazio e dei laziali. Non si tocca. E non c’è rivincita“, ha dichiarato il bosniaco sulle colonne del Corriere dello Sport.
Un’azione diventata indimenticabile per tutti i laziali. “Ero al posto giusto al momento giusto. Sono stato bravo a leggere l’azione, a frenare, a coordinarmi. Non era semplice dopo la deviazione di Lobont. E’ servita fortuna, ma anche voglia di prenderlo quel pallone. Non ero lì per caso. Come posso spiegare un’emozione inspiegabile? Basta vedere le immagini. Non ho dormito per tante notti. Ho regalato un’emozione per la vita, il massimo che si può chiedere”. I tifosi giallorossi gli dedicarono uno stendardo: “Non c’è ricrescita”, riferendosi ad un incidente in palestra che rischio di fargli perdere un dito “Ho lottato per non perdere le dita. Quella frase mi ha fatto male. Non sono tranquillo come sembra, l’orgoglio ce l’ho”. L’addio alla Lazio è stato però traumatico e senza un ringraziamento. “Alla fine ho preso un bel calcio in c… Neanche un grazie. E’ questo che mi dà fastidio. Ho giocato con dolori ovunque. La gente lo vede.L’addio? Non avevo aspettative però mi aspettavo chiarezza. Pensavo che ci saremmo seduti per chiarire cosa fare. Ho provato rabbia, amarezza. Giochi l’ultima col Sassuolo e non sai cosa succederà, se resti o no. A marzo o aprile mi avrebbero potuto dire “Senad, vogliamo ringiovanire”. Non ci sarebbero stati problemi. E’ mancata chiarezza.Avrei continuato volentieri, 5 minuti dopo 10 anni potevano trovarsi. Invece sono partito per le vacanze e in vacanza sono rimasto. Il 30 giugno Tare mi ha detto che non avremmo continuato insieme, che avrebbero preso un altro”.
“Non posso invitarmi ad un matrimonio”
Nessuna festa d’addio. “Non ti puoi autoinvitare a un matrimonio. Non posso chiamare io la Lazio e dire “fate una partita per me per favore. Se non è successo finora non penso succeda, è tardi. C’era la scusa della pandemia, va bene così. Semplicemente bastava un grazie. I 60.000 dell’Olimpico li ho a prescindere quando vengo a Roma. Ho visto le premiazioni dell’ultima partita e questo mi ha fatto male ancora di più. Mi è dispiaciuto anche per Luiz Felipe, unico non premiato”