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Esteri

Se Putin non si ferma al Donbass, cosa fa l’Occidente?

Published by
Francesco Gnagni

Fin dall’inizio dell’ultima fase del conflitto in Ucraina, l’Occidente ha reagito in posizione di attacco verso l’invasione dell’esercito russo. Che tuttavia non sembra dare segnali di cedimento, e ciò non può che complicare la situazione in campo. 

(Ansa)

La notizia della guerra in Ucraina è piombata in Occidente come una vera e propria sciagura, che ha stravolto ogni possibile previsione sul futuro prossimo e lontano, tanto economico quanto geopolitico. Molti pensavano che il conflitto sarebbe durato solamente pochi giorni, ma non è quanto si sta di fatto verificando.

Persino gli strateghi militari hanno spesso affermato con certezza che l’esercito di Putin avrebbe spazzato via quello ucraino in poco tempo, ma nessuno era a consapevolezza del fatto che in Ucraina ci si stava preparando da tempo per quello che sta accadendo oggi. Alcuni, addestrandosi persino in California. Le armi inviate dall’Occidente così non hanno fatto altro che aumentare la forza e le speranze della resistenza ucraina, ma anche l’intensità e la violenza del conflitto.

Le differenti fasi del conflitto tra narrazione e realtà

Tuttavia, dopo avere preso atto che quella di Mosca non sarebbe stata una passeggiata in terra ucraina, ci si è comunque trovati a dovere guardare in faccia la realtà. Ora il pericolo che sorge, come ha spiegato oggi il direttore del quotidiano La Verità Maurizio Belpietro, è che la guerra potrebbe davvero durare “fino all’ultimo ucraino”. Se quindi ancora non si tratta di genocidio, da parte russa in terra ucraina, il conflitto potrebbe avvicinarcisi sempre più ogni giorno che passa.

Dalla guerra lampo che si annunciava, spiega Belpietro, oggi assistiamo a un “conflitto di posizione”, in cui le forze in campo non pensano ad avanzamenti ma solo a controllare la prossima mossa del nemico. Anche se la propaganda bellica del presidente ucraino Zelensky potrebbe certamente avere galvanizzato i suoi, e l’Occidente tutto, ma dal punto di vista degli effetti pratici potrebbe comunque costare molto caro, anche in termini di vite umane.

Come allo stesso tempo potrebbe esserci stata un’ampia sopravvalutazione del peso delle sanzioni occidentali verso Mosca, che a conti fatti rischiano di fare più male all’Europa che alla Russia. Ma quelle americane sull’indebolimento economico della Russia ad oggi sembrano essersi rivelate più che altro delle vere e proprie illusioni, condite da esternazioni del presidente Biden, ad esempio sull’ipotesi di un “regime change”, che non hanno fatto altro che inasprire amaramente i rapporti tra est e ovest. E irrigidire la posizione di Putin, offrendogli persino una sorta di “giustificazione” al suo operato bellico.

Se Putin non volesse fermarsi al Donbass, cosa fa l’Occidente?

“Quando la guerra sembrava avere preso una piega favorevole a Putin, le cose sono cambiate e la narrazione vincente di Zelensky ha cominciato a non coincidere più con la realtà”, scrive Belpietro nel suo editoriale. Le difficoltà a Mariupol e nel Donbass, o a Kharkiv, parlano chiaro. L’Ucraina, ormai sulla difensiva, chiede nuove armi, ma le intenzioni dell’Europa non sembrano andare in quella stessa direzione. 

In più, il fatto che ieri Putin abbia declinato la nuova chiamata di Zelensky, con Erdogan come mediatore, potrebbe fare pensare che il presidente russo stia cominciando a pensare a nuove mosse. Ad esempio, quella di proseguire dopo la conquista del Donbass, ad esempio riunendo i territori presi con la Transnistria. A quel punto, si chiede Belpietro, l’Occidente dovrebbe uscire allo scoperto ed affermare quali siano davvero le sue intenzioni. Se invitare Putin a fermarsi, oppure combatterlo a viso aperto.

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Francesco Gnagni