Una giornalista ha pubblicato sui social lo scontrino di un cappuccino consumato in un bar della Capitale. Sui social si scatena l’inferno
Sta facendo discutere, creando polemiche a non finire, un post pubblicato sul profilo Twitter della giornalista Sandra Amurri, nel quale si mette in risalto il prezzo elevatissimo di un cappuccino, consumato in uno dei locali più noti e conosciuti della Capitale. La cronista, pubblicando lo scontrino che certifica il pagamento del cappuccino, evidenzia il costo: ben 8 euro.
Il post è naturalmente accompagnato da una lunga serie di commenti scandalizzati degli utenti, che provano a rispondere al pensiero della giornalista. “Benvenuti a Roma”, scrive sarcasticamente la Amurri. Ma tra le tante risposte, c’è anche chi gli ha fatto notare una verità semplice, forse scontata, ma mai come questa volta, necessaria: se si va in un bar come Canova (conosciuto in tutto il mondo), si sa quello che si spende. Se si decide di entrare in un posto del genere, e se si sceglie di consumare qualcosa (naturalmente dopo aver consultato il menù ed essersi resi conto dei prezzi) si ha chiara la percezione di dove ci si trovi e di quanto si possa spendere.
Se si va al Bar Canova, si legge il menù e si ordina volutamente qualcosa, che gusto c’è poi a lamentarsi del prezzo alto? Anche gli stessi gestori del locale si sono posti la stessa domanda . Nel tweet l’Amurri ha usato un tono sarcastico. “Benvenuti a Roma – si legge -, fine lockdown: un misero cappuccino 8,05 euro”. Il direttore del bar ha risposto semplicemente : “non L ha visto il menu? se le sembra troppo non ci venga “. Qualcuno si è mai lamentato del prezzo di una Ferrari? Di un Rolex o di qualsiasi bene (spesso non necessario, ma che possono rappresentare un semplice vezzo)? Se decidi di voler fare un acquisto del genere, conoscendone i prezzi e il valore (più o meno giusto), che senso ha poi lamentarsi sui social?