Manca poco all’entrata in vigore della nuova Costituzione Apostolica voluta da Papa Francesco che rivoluzionerà dall’interno i meccanismi della Curia romana.
Di fatto, dopo numerosi anni di lavoro, otto per la precisione, da parte del C9, il collegio di cardinali creato da Bergoglio appunto per lavorare alla riforma del Curia, e a seguito della promulgazione finale avvenuta lo scorso marzo, il giorno della ricorrenza di San Giuseppe, è arrivato finalmente il momento in cui questo importante cambiamento in Vaticano diventerà finalmente effettivo.
Quello delle “riforme” è infatti senza dubbio un punto nevralgico della sfida del Pontificato bergogliano, chiamare a fare una pulizia sostanziale dopo anni di crisi e scandali che hanno coinvolto il Vaticano su più fronti, nonostante sia stato lo stesso Papa argentino a porre più volte l’attenzione sul fatto che per la Chiesa è molto più necessaria una “riforma” interiore, una conversione del cuore nella direzione indicata dal Vangelo, che non una risistemazione di uffici e strutture burocratiche e istituzionali.
Tutto pronto per la nuova Costituzione Apostolica
Di fatto, però, se la prima viene continuamente caldeggiata da Francesco in ogni sua omelia, discorso, intervento o documento ufficiale, dopo 9 anni di guida della Chiesa universale è arrivata anche la seconda. Dal titolo più che esplicativo: “Praedicate Evangelium”, predicate il Vangelo. L’indirizzo cioè è di sostanza, non di forma. E solamente dopo l’entrata in vigore, per la fine di agosto, a giochi fatti, Francesco ha convocato a Roma i cardinali per affrontare il passaggio storico.
La Chiesa “in uscita” e missionaria dovrà quindi, per Bergoglio, riflettersi anche all’interno della mitologica Curia romana, luogo di ogni mistero legato alle cronache vaticano, da oggi meno “misterioso”, forse perché meno centrale a livello di pesi dei rapporti dentro la Santa Sede. Innanzitutto, dando centrale importanza a un altro Dicastero pontificio, quella della Nuova Evangelizzazione.
La nuova costituzione entrerà in vigore domenica prossima, giorno di Pentecoste, e i commentatori si sono già apprestati a descriverla come una vera e propria “spallata” al modello di Curia romana che prosegue dalla seconda metà dello scorso secolo, cioè dai tempi del Concilio Vaticano II.
Un modello certamente romano-centrico che non riflette più né al visione del Papa venuto dalla fine del mondo né la realtà, pratica e sostanziale, della Chiesa, sempre più globale con aree del mondo in cui gli aderenti alla fede cristiana sono in crescita. E non si parla certo delle aree occidentali, ma di quelle africane o asiatiche, nonché in alcune aree meno tradizionali dell’America Latina.
Gli aspetti più significativi della Riforma della Curia voluta dal Papa
Il Papa invita cioè la Chiesa a guardare più all’esterno che all’interno, ad essere più estroversa che introversa, più aperta e trasparente che chiusa e oscura. Più sull’aspetto pastorale che su quello dogmatico, più sull’accoglienza che non sul giudizio. La via è quella di dare maggiore importanza e libertà di iniziativa alle singole conferenze episcopali nazionali su diversi aspetti, dalla carità alla liturgia, e soprattutto di mettere sempre al centro i poveri e i bisognosi, nonché le scelte che vengono dal “popolo” invece che dalle gerarchie.
Emblematico è poi quanto accadrà alla Congregazione della Dottrina della Fede, il potente ex Sant’Uffizio che per anni ha avuto grande influenza e centralità in Vaticano, che in quanto a importanza lascerà spazio alla Congregazione della Evangelizzazione dei Popoli, in cui verrà accorpato anche il pontificio consiglio della Nuova Evangelizzazione, e che sarà guidato dai due super-prefetti, il cardinale filippino Tagle e Mons. Rino Fisichella. Mentre in parallelo nasce il super dicastero per la Carità.
Tra gli inviti del Papa ai dicasteri vaticani c’è anche quello di aprirsi sempre più ai laici e alle donne, come negli ultimi anni si sta vedendo in maniera significativa, con sempre più laici o donne alla guida degli stessi. Basta pensare al Dicastero della Comunicazione, guidato dall’ex direttore di Rai Tre Paolo Ruffini e dal giornalista Andrea Tornielli, o alla Pontificia Accademia della Scienze sociali, presieduta dall’economista Stefano Zamagni e di cui è membro anche Mario Draghi.
Ma anche ai Musei Vaticani diretti da Barbara Jatta, alla Pontificia Università Antonianum per la prima volta diretta da una donna, la rettrice Suor Mary Melone, 51 anni, fino alla prima nomina di una donna nella Segreteria di Stato, Francesca Di Giovanni. Senza pensare all’introduzione del turn over obbligatorio per i preti che prestano servizio nelle amministrazioni della Curia, che non potranno più farlo per oltre cinque anni. Insomma, cambiamenti di forma ma anche di sostanza, che dimostrano come Bergoglio faccia sul serio.