L’appello del commissario Ue Gentiloni all’Italia: “Serve il salario minimo”

L’appello che arriva all’Italia dal Parlamento europeo, per bocca del commissario Ue Gentiloni sulla necessità dell’introduzione di un salario minimo. 

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(Ansa)

Parlando davanti alla platea del Festival dell’Economia a Torino, l’ex premier Gentiloni invita le istituzioni italiane a fronteggiare la spinosa questione del salario minimo, che vede il nostro Paese agli ultimi posti della classifica europea, con Paesi come la Germania in cui il reddito medio è nettamente più alto rispetto a quello dei lavoratori italiani. Tanto da avere fissato la soglia minima a 12 euro, cifra che rappresenta praticamente un sogno nel Belpaese. 

“Serve il salario, vanno garantiti diritti ai lavoratori delle piattaforme digitali e alzare le tasse alle grandi multinazionali che escono vincitrici dalle crisi di questi anni, prima la pandemia e poi la guerra“, è la sintesi dell’intervento di Gentiloni, oggi commissario europeo agli Affari economici, dal palco del teatro Carignano.

L’inflazione e il nodo degli stipendi italiani fermi

Affrontando il nodo della guerra ucraina e le differenze tra l’approccio europeo e quello americano, Gentiloni a provato a smentire questo tipo di ricostruzione parlando di “grande sintonia sui punti decisivi di questa vicenda, anche grazie all’impegno del governo italiano”. Tra i tanti temi affrontati, come le sanzioni alla Russia, il Pnrr e l’orizzonte delle politiche europee, c’è anche quello del ritorno dell’inflazione a livelli record, mentre gli stipendi italiani continuano a essere fermi da trent’anni.

Quindi, c’è bisogno di restituire potere d’acquisto alle famiglie e ai cittadini italiani. Un tema che per Gentiloni è “ineludibile”. “Tocca a parti sociali e governi affrontarlo”, ha spiegato. “Anche qui il Pnrr avrà un ruolo decisivo: gli stipendi sono bassi anche per la scarsa produttività, che è destinata ad aumentare con gli investimenti previsti”. Ma il salario minimo, su cui preme anche il ministro Orlando, resta una “necessità”.

Il messaggio che emerge è che se l’Europa vuole dirsi unita non può continuare a farlo solo per quello che non va. Se nel momento del bisogno bisogna farsi carico dei pesi di tutto, anche quando ci sono aspetti positivi questi vanno condivisi, fissando obbiettivi al rialzo piuttosto che al ribasso.

C’è una direttiva quadro della Commissione, non siamo andati oltre perché molti Paesi frenano: gli scandinavi perché lo applicano già con la contrattazione collettiva, l’Est perché teme di non reggere. E in tema di diseguaglianze è di grande importanza la direttiva per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali”.

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