In queste ore si continua a discutere di mascherine e di protocolli applicati dal Ministero della Salute che per una parte dell’opinione pubblica continuano ad incidere pesantemente sullo stato della democrazia italiana.
Non solo un vulnus alla sovranità popolare garantita dalla Carta costituzionale italiana, ma anche una mancanza di coerenza rispetto all’applicazione delle stesse misure, che in alcuni casi sono estremamente rigide e in altri molto meno. Ad esempio, lasciando liberi di entrare allo stadio senza mascherina, ma non nella cabina di voto.
Sono questi alcuni degli aspetti messi in luce in un duro attacco del quotidiano La Verità rivolto al ministro della Salute Roberto Speranza. Al centro ci sono le prossime elezioni amministrative, dove stando alla circolare fatta partire dal Ministero dell’interno i cittadini potranno esercitare il proprio diritto di voto soltanto se rispettando l’obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie, vale a dire le mascherine Ffp2, il distanziamento e le altre misure ormai note durante il periodo pandemico.
Il problema sollevato però dal quotidiano diretto da Maurizio Belpietro è che si tratta, quello del voto, di un diritto inalienabile e fondamentale per ogni cittadino, che in questo caso viene scalfito da misure che, al netto della semplicità dell’operazione, che molti non condividono, e che al contrario rischierebbero così di lasciare fuori qualcuno in maniera del tutto arbitraria.
E che per giungere a decisioni di questo tipo servirebbe una legge, non sarebbe cioè di certo sufficiente una grigia e nota circolare. “Dal momento che le misure sanitarie incidono sul modo di esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, massima espressione della sovranità popolare, avrebbe dovuto essere la legge o un atto normativo ad essa equiparato a normare la fattispecie“, scrive La Verità.
Ma così non è stato, e nel caso specifico la modalità di voto e la possibilità di escludere qualcuno viene lasciata in mano ai protocolli sanitari adottati dal governo in maniera svincolata dal decisore politico, dai partiti e dal parlamento. Un altro indebolimento, insomma, allo stato della democrazia nel nostro Paese.