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Suicidio assistito, lo sfogo di Fabio: “Vittima del vostro menefreghismo”

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Paolo Colantoni
Il 46enne di Pesaro attacca la Asl. “È assurdo che ci voglia più di un mese per individuare il farmaco mortale”
“Basta trattarci come cittadini di serie B, è assurdo che ci voglia più di un mese per individuare il farmaco mortale.  Grazie al vostro menefreghismo sono costretto a scegliere la strada della sedazione profonda”. Fabio Ridolfi, 46 anni, vive con grande amarezza i ritardi nella procedura sul suicidio assistito. Da 18 anni è immobilizzato a letto nella casa dei genitori a Fermignano (Pesaro Urbino). Ha maturato tutti i requisiti previsti della Corte Costituzionale Cappato-dj Fabo.
“È inaccettabile che l’Asl abbia comunicato la risposta 40 giorni dopo”, dichiara facendo ascoltare un messaggio che ha scritto con il puntatore oculare. Al suo fianco c’è il fratello Andrea e i rappresentanti dell’Associazione Luca Coscioni.  “In quell’arco di tempo sono stati fatti tre solleciti, mi hanno volutamente ignorato. Grazie al vostro menefreghismo – aggiunge – sono costretto a scegliere la strada della sedazione profonda permanente e con sospensione dei sostegni vitali per evitare di soffrire oltremodo a causa delle lungaggini burocratiche per ottenere il suicidio assistito”.
La sua storia era stata commentata a lungo. Fabio aveva avuto il sostegno dell’associazione Coscioni, di Mina Welby e di tutte le associazioni che seguono da vicino casi come il suo.
“Vorrei dire alle persone che vivono come me – è l’appello di Fabio – di farsi sentire altrimenti le cose non cambieranno mai. É ora che in Italia si parli chiaramente di eutanasia. È atroce non poter decidere della propria vita, mentre aspetti dei mesi che altri lo facciano al posto tuo – conclude il 46enne – scegliere di morire è un diritto di tutti, ripeto di tutti, e spero che tutto questo serva ad aiutare anche quelli che vivranno la mia condizione”.
“Lasciare la mia famiglia”. Questo è quello che Fabio ha scritto con il lettore ottico. Quattro parole, a lungo meditate, per rispondere ai giornalisti che gli avevano chiesto cosa gli dispiacesse lasciare. “Non ho paura di andare avanti per la mia strada e sono molto arrabbiato per essere stato ignorato – ha detto ancora – e anche se l’Asur Marche dovesse muoversi dico basta alle attese: continuerò con il cammino di sedazione profonda e continua”.
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Paolo Colantoni