Lo spagnolo in un’intervista ha confidato il perché della sequenza dei movimenti, soprattutto prima di ogni battuta.
Movimenti ossessivi, compiuti e ripetuti per tutta la gloriosa carriera. Rafa Nadal, campionissimo senza tempo, continua a impressionare a 36 anni compiuti: fa sorridere pensare di immaginarlo a fine carriera quando comanda ancora incontrastato sulla terra rossa. Carattere d’acciaio, il tennista spagnolo, che ha sempre legato le vittorie a un comportamento ineccepibile in campo.
Quello per cui ha colpito, oltre ai trionfi messi in fila, sono i gesti che ormai fanno parte delle sue partite come e più dei vincenti di dritto o rovescio. Dei veri e propri tic, piccoli accorgimenti durante ogni match: una serie di azioni ormai automatiche che hanno sempre la stessa procedura e sequenza. Li conoscono a memoria i suoi tifosi e anche i suoi avversari. L’esempio più lampante è il servizio. Nadal, prima di ogni battuta pulisce con il piede la riga di fondo, poi di seguito: dà tre colpi con la racchetta sotto la suola delle scarpe, sistema i pantaloncini e gli slip sui glutei, tira su la maglia all’altezza delle due spalle, si tocca il naso, metti i capelli dietro l’orecchio sinistro, si tocca il naso, sistema i capelli dietro l’orecchio destro, si ritocca il naso e ancora i capelli dietro l’orecchio sinistro.
“Mi servono per azzerare la testa”
E non è finita qui: fronte asciugata col polsino, la guancia e infine lo sguardo dato all’avversario prima della battuta. Impossibile non averlo notato e non ricordarlo a memoria. Le procedure vanno avanti nell’utilizzo degli asciugamani, ripiegati con la massima attenzione, e anche nella collocazione delle bottigliette nei pressi della panchina.
Anybody else know that Nadal has to have the logo of the water bottle facing the end he is about to play from??? #Nadal #RolandGarros2022 pic.twitter.com/HJvc4D9r5S
— Adam Beckett (@Zigiccccc) May 31, 2022
Vengono adagiate come se fossero la pallina della vita. In un’intervista il tennista aveva confidato: “Non sono superstizioso, altrimenti cambierei i riti dopo le sconfitte. Non sono nemmeno schiavo delle routine, quelli che chiamate tic sono un modo per riordinare la testa. Per silenziare le voci interiori e non ascoltare la voce che mi dice che perderò la partita, né tantomeno l’altra, ancora più pericolosa, che mi dice che vincerò…”. Maniacale, fenomenale.