Il soggettista ed editore del fumetto ha parlato in esclusiva a Notizie.com. Dal 1962 il ladro inarrestabile non ha perso un filo di fascino. E oggi, 10 giugno 2022, la sua “mamma” Angela Giussani avrebbe compiuto 100 anni.
Signor Mario Gomboli, come la dobbiamo chiamare? Direttore, soggettista, fumettista, sceneggiatore…
“Un Diabolik con un pessimo travestimento”.
Sotto quella tuta c’è lei.
“Devo imbottirmi un po’, però diciamo di sì. Non trascuriamo il fatto che sono colui che dice ‘nel nome del popolo di Clerville, questa corte dichiara l’imputato colpevole!’. Interpreto il giudice nell’ultimo film, mi sono divertito molto”.
Il suo legame con Diabolik ha radici profonde.
“Con Diabolik mi sono pagato l’università e la prima macchina. Ho cominciato a collaborare nel 1966-1967 con le sorelle Giussani, poi ho fatto tutt’altro nella vita rimanendo comunque sempre in contatto con loro. Nel 2000 Luciana mi ha richiamato per dirigere la casa editrice prima di lasciarci”.
Angela Giussani, colei che ha inventato Diabolik insieme a sua sorella Luciana, avrebbe compiuto 100 anni oggi.
“Questo è un anno particolare. Il personaggio ha compiuto 60 anni, è il centenario di Angela, è uscito a febbraio il 900esimo episodio. Il segnale dell’immarcescibile successo di una creatura che forse neanche le Giussani avrebbero immaginato arrivare fino a questo punto”.
Cos’è diventato Diabolik?
“Il fumetto gli è stato stretto da sempre. Pensate che è stato il primo personaggio di un fumetto italiano a diventare un film nel 1968, poi anche una canzone di Betty Curtis. Ha sempre trovato spazi anche al di fuori del fumetto, usando naturalmente la carta stampata come punto di partenza”.
Il segreto del successo?
“Angela e Luciana erano donne vive, attente, curiose di ogni sviluppo del loro personaggio. Non si sono mai tirate indietro”.
Come è cresciuto e cambiato Diabolik?
“Il successo iniziale lo deve molto alle critiche, alle denunce e ai processi. Se si parla male di qualcosa la gente ci si fionda perché curiosa. Però vale per i primi anni, la continuità invece arriva perché è stato costruito bene dall’inizio. Non è un personaggio tagliato con l’accetta. Eva Kant, tra l’altro, è ancora più originale. Le figure femminili degli anni ’60 erano sempre le stesse: si mettevano nei guai e veniva l’uomo a salvarla. Eva, al contrario, nel terzo episodio salva la pelle a Diabolik. Una cosa che non si era mai vista. Solo due donne potevano pensarlo”.
Che meriti ha Eva Kant?
“Ha permesso alla serie di essere ancora viva. Lei è complessa, articolata. Diabolik ed Eva sono come le persone vere. Certo, Diabolik è un ladro, un criminale e un assassino quando serve, però è anche una figura che ha una sua etica. Uno si può immedesimare con Diabolik, non con Hannibal Lecter. Diabolik può morire, arrabbiarsi, piangere e soffrire. C’è un episodio in cui diventa cieco e rischia di esserlo per sempre. Umanamente è disperato”.
Quante denunce sono arrivate nei primi anni?
“Tante. Un avvocato ci denunciò perché Diabolik ed Eva camminavano mano per mano verso un letto matrimoniale. Non erano sposati, creò scalpore, per diverso tempo vennero disegnati letti separati. Oggi farebbe ridere i polli, ma all’epoca erano situazioni che comportavano sequestri. Migliaia di copie andavano al macero, era un bel danno. Alcuni numeri sono molto ricercati proprio perché non furono mai completamente distribuiti”.
Altri casi?
“Sì, un’altra volta perché in copertina c’è una ragazza in bikini. Ci fu un processo a Lodi, Diabolik fu assolto, per fortuna nessun giudice è stato mai così stupido”.
Diabolik ha anche affrontato tematiche delicate.
“Per esempio l’omosessualità con ‘L’uomo della rocca’ e poi con ‘Il segreto della rocca’. Fu Luciana che mi impose di inventare dei personaggi per trattare il tema, ci ho messo 5 anni per trovare una chiave. Abbiamo suscitato scandalo lo stesso eh, Diabolik venne definito difensore dei gay. Un giornalista scrisse: ancora un po’ e Diabolik parlerà pure di eutanasia. Non sapeva che lo avevo già fatto 10 anni prima…”.
La figura di Ginko?
“È un punto di forza avere due nemici equivalenti per molti aspetti. Sono entrambi intelligenti, coraggiosi, geniali. Ginko viene fregato perché è un uomo di legge, Diabolik la legge se la fa da sé. Ma Ginko non può fare la figura dell’imbecille, serve qualcosa di imprevedibile oppure un colpo di sfortuna a cui si riesce a rimediare. Non è facile fare storie senza parteggiare per uno dei due personaggi. Ogni 3-4 anni li mettiamo insieme contro altri nemici. C’è stato un episodio sul terrorismo, anche su militari che avevano diffuso un virus. Ogni tanto è giusto ricordare che esiste qualcosa di peggio di Diabolik e che ci sono nemici peggiori di Ginko”.
Il suo è un lavoro faticoso e affascinante. Cosa deve pensare un soggettista per realizzare un personaggio?
“Ci vuole cultura specifica, sono usciti più di 900 episodi. Nessuno pretende siano stati letti tutti, ma ci vogliono degli studi per capire il personaggio complesso. Difficile spiegare Diabolik a qualcuno che non l’ha mai letto. Poi si può cadere nel déjà-vu. Non posso ricordare tutti i fumetti usciti in 60 anni, a volte scrivo la traccia di un soggetto, la sottopongo agli amici del Diabolik Club e mi dicono ‘guarda che l’hai già fatto…’. Però Diabolik è come il maiale, non si butta via niente, come il maiale. A quel punto si fanno delle modifiche cambiando magari il luogo, il bottino, il trucco per scappare e via”.
Un commento sul film dei Manetti Bros.?
“Antonio e Marco sono lettori e amano Diabolik. Si sente, è un punto di forza. Chi critica è chi si aspetta un film tipo ‘Mission Impossible’ perché non conosce il taglio narrativo. Loro mi dissero: ‘Non vogliamo fare un film su Diabolik, ma di Diabolik’. Ero felice come una Pasqua, qualcuno finalmente aveva capito la volontà di Angela e Luciana. Bava nel 1968 aveva deluso le sorelle, da lì in poi sono stati rifiutati coloro che erano garantisti della fedeltà al personaggio”.
Prossimi appuntamenti in sala?
Ci saranno altri due film, il secondo sarà nelle sale a fine anno. Non ho visto il montaggio definitivo, ma lo spirito è coerente come il primo dei tre film dei Manetti Bros.”.