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Cronaca

Beate dieci suore uccise dell’Armata rossa: “La vera risposta alla guerra”

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Francesco Gnagni

La Chiesa ha reso Beate dieci consorelle che vennero martirizzate in odio alla fede nel 1945 in Polonia dai soldati russi. L’Omelia del Cardinale Semeraro che indica nella loro tenacia cristiana la risposta al dolore della guerra che sta divampando nell’est Europa. 

(Ansa)

Dieci suore, consorelle della Congregazione di Santa Elisabetta, hanno visto oggi riconosciuto dalla Chiesa il loro martirio avvenuto in odium fidei nel 1945 in Polonia, durante l’invasione dell’esercito sovietico. Le dieci Beate sono state uccise dai soldati russi nella Bassa Slesia tra febbraio e maggio del 1945. Tutto accadde dopo che queste donne difesero fino alla fino la loro castità. Tra queste suor Paschalis, che prima di morire scandì la sua dichiarazione di fede: “Appartengo a Gesù, è il mio sposo”.

La cerimonia di Beatificazione ha avuto luogo a Breslavia ed è stata presieduta dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale Marcello Semeraro. I loro nomi, pronunciati lentamente e riportati oggi dai portali informativi della Santa Sede, hanno risuonato durante la cerimonia: “Maria Paschalis Jahn, dal cuore pieno d’amore; Melusja Rybka, donna forte; Edelburgis Kubitzki, esempio di povertà evangelica; Adela Schramm, vergine prudente; Acutina Goldberg, amante della giustizia; Adelheidis Töpfer, modello di fede; Felicitas Ellmerer, obbediente fino alla fine; Sabina Thienel, dallo sguardo pieno di fiducia; Rosaria Schilling, fortificata nella penitenza; Sapientia Heymann, vergine saggia”.

Le parole del Cardinale Semeraro per la Beatificazione

Per tutte loro, e attraverso loro e invocando la loro intercessione dal cielo presso il Signore, la richiesta del cardinale è che non manchi al mondo il rispetto della femminilità, l’uguaglianza tra uomo e donna nella dignità e la tutela della maternità. “Come non veder risplendere in queste martiri la dignità della donna che nel disegno della Redenzione ha in Maria Santissima il riconoscimento più grande?”, è stata la domanda del porporato, che ha paragonato le dieci vergini della parabola evangelica che vanno incontro al Signore con le lampade accese, avendo conservato la necessaria riserva d’olio. Olio che rappresenta la prontezza quotidiana di fronte alla chiamata a compiere la volontà di Dio.

Il porporato, durante l’omelia, ha così fatto un parallelo tra la testimonianza di queste suore e la situazione che si sta vivendo oggi in Ucraina. “La ricchezza spirituale delle nuove Beate ci provoca e ci edifica, la loro vicenda martiriale ci fa pensare alle circostanze che stiamo vivendo oggi nell’Europa del XXI secolo”, ha spiegato Semeraro. “Sono circostanze nelle quali, davanti alle scene di perpetrata violenza, di accanita crudeltà, di odio ingiustificato, avvertiamo il bisogno di alimentare il desiderio della pace e l’edificazione della concordia con gesti di carità, apertura, accoglienza e ospitalità”.

Una testimonianza che quindi, inserita nelle notizie di attualità, mostra il fatto che la pace “si costruisce mediante gesti concreti di carità disinteressata, si serve mediante la dedizione e la fedeltà quando ci è chiesto di prenderci cura degli altri”, ha spiegato il cardinale, indicando nella loro vita e nella loro santità la vera risposta all’odio e al dramma della guerra. “È questa la risposta concreta che, accanto alla preghiera, ciascuno di noi può offrire davanti a tanta efferatezza, barbarie e ingiustizia di cui siamo testimoni”.

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Francesco Gnagni