Sono 33 mila le imprese che rischiano il fallimento perché non riescono a vendere il credito, il governo ha studiato i parametri per una proroga
Il Superbonus è l’agevolazione fiscale disciplinata dall’articolo 119 del cosiddetto decreto Rilancio, che consiste in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1 luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici.
Ma, ad oggi, i fondi stanziati per il superbonus sono terminati. Basta guardare al monitoraggio che fa l’Enea per rendersi conto che il tetto preventivato dallo Stato è ormai stato superato, quando siamo ancora lontani dalla scadenza della misura.
Troppe richieste per il superbonus
Le troppe richieste per effettuare le ristrutturazioni hanno creato molti problemi, sia per trovare i materiali, soprattutto i ponteggi necessari per iniziare i lavori approvati, sia per reperire i fondi da girare alle società appaltatrici dei lavori. Per questo il governo e il parlamento stanno pensando ad una soluzione per sbloccare i crediti del Superbonus 110%. La situazione si è incagliata quando sono terminati i fondi stanziati, e le banche hanno quindi deciso di chiudere all’acquisto dei crediti delle imprese edili. Sono 33 mila le ditte che rischiano il fallimento, avverte la Confederazione Nazionale dell’Artigianato.
Quale è stato l’impasse
Queste ditte hanno iniziato i lavori senza farsi pagare dai clienti, perché contavano di vendere il credito alle banche, cioè il credito d’imposta ceduto all’impresa, in questo caso dai condomini. Ma ora sono bloccate, senza sapere come trasformare il credito in liquidità per pagare tasse e dipendenti. Sul piatto ci sono tre soluzioni che potrebbero arrivare con il decreto aiuti della prossima settimana.
Le tre possibili soluzioni
La prima soluzione allo studio è un anno di tempo in più per effettuare le cessioni del credito agli istituti bancari, che quindi dovrà essere venduto entro il 2023 e non più entro il 2022. Secondo la Cna, ammontano a 2,6 i miliardi di euro i crediti interessati dalla proroga. Le imprese potrebbero così respirare e cercare un compratore con calma, in un momento in cui le banche hanno chiuso i rubinetti, e trovarne uno è virtualmente impossibile.
La seconda possibilità è l’apertura delle cessioni ad altri enti oltre a quelli già previsti. Al momento, solo le banche possono acquistare i crediti delle imprese edili, mentre gli istituti finanziari possono poi soltanto scambiarsi tra di loro i crediti. Nel piano studiato dal Governo è previsto l’apertura di quest’ultima cessione a tutte le partite Iva clienti della banca con un bilancio superiore a 50 mila euro, che svolgerebbero una funzione non dissimile da quella delle grandi imprese con problemi fiscali. Alle partite Iva verrebbe inoltre garantito un piccolo guadagno.
Ultima possibilità è quella delle banche che premono affinché venga consentito l’uso dei crediti per acquistare Btp decennali, soprattutto dopo lo stop che la stessa Ue ha dato agli acquisti dei titoli di Stato dei Paesi membri. In questo modo, sarebbe appunto lo Stato a liquidare il credito, ma nel farlo rifinanzierebbe parte del suo debito. Pare che quest’ultima idea incontri il favore di quasi tutti i gruppi parlamentari, dal Movimento 5 Stelle alla Lega, e potrebbe diventare la chiave per sbloccare una misura che il presidente del Consiglio ha più volte ribadito non essere di suo gradimento.