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Economia

Ecco come le Big del gas fanno lievitare i costi per il consumatore

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Francesco Gnagni

Davanti al rischio di aumento dei prezzi, dovuti alla volatilità dei mercati, le aziende importatrici di gas usano strumenti derivati per mettere al sicuro i loro contratti.

(Ansa)

Lo scrive nero su bianco Arera, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, nel suo ultimo rapporto riguardante il monitoraggio dei contratti di approvvigionamento destinati all’importazione di gas in Italia, che è state trasmesso a Parlamento e Governo. Quello che si fa notare è che ci sono venti aziende importatrici che ad oggi stanno facendo una vera e propria attività di trading sull’energia, ai fini di ridurre la loro posizione di rischio sui mercati dovuta alla volatilità dei prezzi fisici.

Cosa fanno le Big del gas per ripagare gli aumenti

Si parla di gruppi come Eni, Edison, Enel e Shell, come scrive il quotidiano la Verità, spiegando però che con questo meccanismo i gruppi italiani fanno sì che i costi di compliance e quelli connessi alle attività di trading aumentino, finendo per fare aumentare – almeno potenzialmente – i costi dell’energia per i clienti finali. 

Così si spiegherebbero quindi una parte di quei drammatici rincari che oggi molti utenti stanno vedendo nelle proprie bollette. Il rapporto scrive infatti che “è prassi per gli operatori acquirenti dei contratti pluriennali effettuare coperture, di carattere finanziario o con strumenti equivalenti, in particolare per i contratti con prezzi indicizzati”.

Secondo l’indagine il 70/80 per cento dei gas dei contratti farebbe proprio riferimento agli indici legati alle quotazioni di prodotti del gas scambiato su hub europei e nazionali, e per la quota residua indicizzati alle quotazioni medie. Tipologie di indicizzazioni per le quali gli operatori ricorrono a strumenti di copertura di natura finanziaria, per ridurre il divario tra prezzi di acquisto e quelli di mercato a cui rivendere il gas.

Partite economiche, quelle derivanti da queste coperture utilizzate, che però alla fine non fanno altro che incidere sull’ultimo anello della catena, il più debole: i consumatori finali. Una realtà che ha portato anche il governo a varare la cosiddetta tassa sugli extraprofitti, secondo cui una parte del gettito va destinata ai clienti finali. Che vedono però bollette sempre più alte.

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Francesco Gnagni