“Passaggio storico” per la riforma del Csm che è ora diventata legge, dopo l’ultimo sì del Senato. Cartabia esulta e ancher la Lega, critica, ha votato a favore.
La tanto attesa riforma sull’ordinamento giudiziario e sul Csm, su cui il Governo Draghi ha puntato in modo particolare e che ha superato anche il test del Referendum che cercava di percorrere una strada alternativa, è ora diventata legge. L’approvazione definitiva è arrivata dall’aula del Senato, con 173 voti favorevoli e 37 contrari.
La firmataria Marta Cartabia, Ministro della Giustizia, l’ha definita il “terzo grande pilastro delle riforme volte a rinsaldare la fiducia dei cittadini nella giustizia”, e ha parlato di “un passaggio importante nella storia del nostro Paese, in cui troppo a lungo la giustizia è stata terreno di scontro”.
Giubilo per Cartabia e Letta, lealtà di Salvini, ira Meloni
La Guardasigilli non ha tuttavia nascosto che si è trattato di un lungo lavoro, con tratti di ripida salita, ma dove alla fine sostiene che ciascuna forza politica ha dato il suo apporto, in una costruzione condivisa. Anche la Lega, la più critica sul testo, alla fine si è schierata per il sì alla Riforma, ad eccezione di alcuni esponenti, 5 in tutto, tra cui Roberto Calderoli e Simone Pillon.
Salvini su questo punto ha così rivendicato la lealtà della Lega rispetto al governo, a differenza di altre forze politiche. Ad astenersi è infatti stata Italia Viva di Matteo Renzi, che ha addirittura definito la riforma come “inutile”. Molto più duro e compattamente schierata contro la Riforma è l’Anm, l’Associazione nazionale magistrati che era arrivata addirittura allo sciopero contro il testo.
La loro richiesta era di modificare alcuni punti che, a loro avviso, minerebbero “l’indipendenza” della magistratura. Tra questi la separazione di fatto delle carriere, e una “voglia di gerarchizzazione delle procure”, includendo in particolare “tra i criteri di valutazione di carriera la conferma o meno in Appello delle condanne, dando una spinta al conformismo, a diventare buoni impiegati”, commenta il presidente Giuseppe Santalucia al Corriere della Sera.
Soddisfatto il Pd, che era giunto al livello di chiedere la fiducia sul testo, molto meno invece Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che ha votato no alla riforma definendola “sbagliata e regressiva”, oltre al fatto “che non scalfisce minimamente lo strapotere delle correnti” e “mantiene privilegi feudali”.