Era il 2017 e il ministro degli Esteri giurava “a nessuno è negato il diritto di cambiare idea, ma se lo fai torni a casa…
Da duro a puro a come tutti gli altri. O forse peggio, almeno per la gran parte delle persone che di lui si son fidate e hanno dato retta a determinate parole e situazioni. Eppure, son bastate due legislature (i maligni dicono appena una) per rivedere le idee e ricollocarsi in veste diametralmente opposta. Di chi parliamo? Ma del personaggio politico del momento, di Luigi, detto “Giggino” Di Maio, quello che nel 2017, in riferimento al mondo politico che lo circondava, parlava di “mercato delle vacche“, riferendosi ai parlamentari che uscivano dai partiti grazie ai quali erano stati eletti in parlamento e restavano lì a prendere lo stipendio. Non solo. “Per il M5s, se uno vuole andare in un partito diverso da quello votato dai suoi elettori si dimette e lascia il posto a un altro“. Parole, frasi e concetti pronunciate da lui in video che fu diffuso nel 2017 e che sta diventando virale, ovviamente dopo la scissione e la presa di posizione dell’attuale Ministro degli Esteri.
Slogan come la “civilissima Gran Bretagna“, o nel nostro paese “se ne fregano“. Bene tutte quelle belle (e inutili a questo punto) parole gli si stanno ritorcendo contro. E nella maniera più pesante possibile. Ora dal M5S è passato a “Insieme per il futuro”, un movimento, o forse nel suo caso sarebbe meglio dire partito considerate le sue nuove idee, che ha fondato per vedere primo l’effetto che fa e poi per staccarsi da un gruppo e persone nelle quali non si riconosce più. Con lui ci saranno 62 parlamentari, 51 deputati e 11 senatori, ma potrebbero anche crescere nelle prossime ore. Ma la gente che l’ha votato è indignata e non lo segue più di tanto.
Una figuraccia senza precedenti. L’unico che aveva previsto tutto e che da qualche anno sta ripetutamente polemizzando col suo vecchio partito è Alessandro Di Battista. Non è sicuramente un veggente, solo una persona dotata di buon senso e di coerenza. Tanti sono convinti che se dovesse fondare un partito, senza fare nulla ma solo con la sua faccia, potrebbe prendere dal 10 al 15%. Magari sono cifre sparate a caso, ma forse no. Si vedrà. Chi rischia alle prossime elezioni di prendere una sonora lezione è proprio Luigi Di Maio. Le liti e le discussioni all’interno di un partito ci sono eccome. Divergenze e confronti sono all’ordine del giorno, ma da qui ad andarsene e fondarne uno nuovo ce ne passa.
Ma non è solo fondare un nuovo partito, qui è stravolgere i concetti per cui la gente l’ha votato anzi sarebbe meglio dire li hanno votati. Belli, per molti di loro, i tempi in cui c’erano i famosi “vaffa” o quando urlavano “pulizia” etc. Ora di acqua e soldi (potere e privilegi) ne son passati tanti sotto i ponti, ma a Giggino non importa. La sua scelta l’ha fatta: Draghi e il Pd, proprio quelli che “in una galassia lontana lontana” (si diceva in “Star Wars”) erano i nemici da combattere ora sono gli amici a cui appoggiarsi. E così i vari “solo in parlamento gli elettori non contano più nulla. Quello che conta è: la poltrona, il megastipendio, il desiderio di potere“. Parlava così, con piglio deciso Luigi Di Maio in quel famoso video, Ma a distanza di anni, ora che tra quegli “altri” ci è finito anche lui, il ministro degli Esteri quasi si nasconde agli elettori e fa il vago. Sui social, il loro terreno principale, è distrutto, devastato. “Pinocchio” e “quaquaraqua“, le parole più “carine” nei suoi confronti. “Chi cambia casacca, tenendosi la poltrona, dimostra di tenere a cuore solo il proprio status, il proprio stipendio e la propria carica“. E nel 2017 si sperticava in elogi per il Paese lusitano: “Non so voi, ma a me piace l’articolo 160 della Costituzione del Portogallo: “Perdono il mandato i deputati che s’iscrivono a un partito diverso da quello per cui erano stati eletti’“. Che figuraccia. E probabilmente ora si intuisce perché non vuole che cada questo Governo, perché sa bene che alle prossime elezioni rischia seriamente di non essere rieletto. E col timore di andare a lavorare.