Notizie.com ha intervistato il magistrato vicepresidente del Centro studi Livatino: “La vera anomalia era la sentenza Roe vs. Wade. Non spetta alle Corti creare le norme”
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha riconosciuto che non esiste un diritto costituzionale all’aborto, ribaltando la storica sentenza Roe Vs. Wade e ponendo la questione sotto i riflettori del mondo intero, rimettendo in discussione il pensiero comune su questo delicato tema politico e sociale, che investe aspetti morali fondamentali dell’essere umano. il dibattito sta interessando giuristi e addetti ai lavori. Notizie.com ha intervistato Alfredo Mantovano, giudice della Suprema Corte di Cassazione e vicepresidente del Centro studi Rosario Livatino.
Per il giurista, “l’anomalia non è la sentenza del 24 giugno: lo è stata invece per 50 anni la Roe vs. Wade (e le altre che si sono poste nella sua scia) perché, in contrasto con la struttura costituzionale degli USA, ha imposto sulla volontà dei Parlamenti dei singoli Stati la decisione di nove giudici, o della maggioranza di essi”. Per Mantovano, “la Dobbs vs. Jackson fa tornare al quadro costituzionale: non spetta alle Corti creare le norme. Il nostro lavoro – si legge nella sentenza di ieri – è interpretare la legge. Spetta, invece, ai rappresentati del popolo, democraticamente eletti, assumere la responsabilità politica di discutere leggi anche impegnative e delicate, e solo dopo se del caso approvarle. È caduto un primo tabù, quello della supremazia della giurisdizione sul potere legislativo”.
Qual è a suo avviso il significato, politico e morale, di questa sentenza storica? “Oltre al cennato significato istituzionale, quello dell’affermazione netta che l’aborto non è un ‘diritto’ riconosciuto dalla Costituzione degli USA. È il secondo tabù che cade, in controtendenza rispetto alla vulgata corrente e agli enunciati dell’Onu e dell’Oms. Se ci si fermasse al tenore letterale delle parole, o almeno di una pare di esse, si troverebbe più coerenza fra la Dobbs v. Jackson e la legge italiana sull’aborto, che fra quest’ultima e la Roe vs. Wade. La 194 non riconosce il ‘diritto’ all’aborto, né formalmente né nella sua articolazione: le sue norme sulla prevenzione/dissuasione offrono alla gestante ‘concrete alternative’ all’i.v.g.: se l’aborto fosse un ‘diritto’ non vi sarebbe bisogno di questi percorsi. Quaranta e più anni di applicazione della 194 ci hanno mostrato che il suo esito è l’aborto a richiesta: questo è accaduto, però, non in virtù di un riconoscimento giuridico, bensì del non avere mai finanziato e attuato una seria prevenzione”.
Quali sono le motivazioni cardine che hanno spinto la Corte a rivedere la posizione della legislazione americana sul tema dell’aborto, e cosa quali sono gli scenari che potrebbero aprirsi ora? “Negli USA il dibattito sull’aborto e sull’identità del concepito sono sempre stati accesi. Sono tematiche al centro delle campagne elettorali, nei singoli Stati, per il Congresso e fino all’elezione del Presidente. Da Reagan a Clinton, da Bush a Obama, fino a Trump, la posizione sul diritto al vita ha inciso sulla scelta dei giudici per la Corte Suprema: come è noto, la nomina compete al Presidente, e la carica dura fino alla morte. Dunque, la Dobbs v. Jackson non spunta per caso, ma viene fuori da un simile contesto culturale. Adesso, caduta l’imposizione dell’unica disciplina dell’aborto in tutti gli USA, ogni singolo Stato affronterà la materia nel proprio Parlamento: sarà un confronto interessante da seguire, anche da questa sponda dell’Atlantico”.
Come potrebbe rispondere il sistema politico italiano alla decisione della Corte americana? Potrebbero esserci degli effetti anche qui da noi? “I due tabù di cui parlavo prima da noi in Italia godono di ottima salute. Per fare un paio di esempi, la Corte di cassazione, con la sentenza sul caso di Eluana Englaro, ha dettato al Parlamento le linee-guida di quella che sarebbe stata la legge sul testamento biologico, e la Corte costituzionale, muovendosi nel solco proprio di quella legge, la n. 219/2017, ha elaborato – a prescindere dalle Camere – la nuova disciplina del suicidio assistito. Quel che sfugge alla politica italiana è che, per prestare ossequio alla intangibilità dell’aborto a richiesta, accetta di essere commissariata dai giudici, su temi eticamente e socialmente fondanti, ma non solo su di essi”.
Oggi alcuni editorialisti sostengono che la sentenza Usa ‘farebbe il gioco di Cina e Russia’. Che ne pensa? “Con tutto il rispetto per gli editorialisti e con uso forzato di eufemismi, mi pare una colossale stupidaggine“.