Sono scaduti i 30 giorni di grazia su due obbligazioni in euro e dollari. E nel frattempo il G7 sta valutando lo stop ai lingotti russi
Un avviso ai naviganti. Di quelli che fanno tremare. La Russia andrà in default tecnico. L’ultima volta che si è dichiarata incapace di pagare i suoi debiti, l’inflazione arrivò all’84% mentre il valore del rublo crollava. Era il 1998, sottolinea il Guiornale, e quello smottamento, in un Paese molto fragile, portò Boris Eltsin a farsi da parte e a creare i presupposti per l’era di Vladimir Putin. A distanza di 24 anni la Russia è di nuovo molto vicina al default. Alla mezzanotte di ieri, infatti, è scaduto il cosiddetto mese di grazia (Mosca avrebbe dovuto pagare il 27 maggio) per saldare i 100 milioni di dollari di interessi su due obbligazioni, una denominata in dollari e una in euro in scadenza nel 2026 e nel 2036.
Se questa mattina i creditori non troveranno sui loro conti correnti le somme dovute, il Cremlino sarà nei fatti insolvente. C’è da dire che sui mercati era un evento atteso. La Russia, del resto, ha faticato a onorare i pagamenti sui 40 miliardi di dollari di obbligazioni in circolazione alla data di invasione dell’Ucraina, il 24 febbraio. Le sanzioni hanno tagliato fuori il Paese dal sistema finanziario globale, rendendo così impossibile a Putin di disporre delle proprie riserve in euro e in dollari. E, nel tempo, il laccio si è stretto sempre di più.
Le casse in Russia sono piene di soldi grazie al gas e al petrolio, ma ferme per le sanzioni
Da Mosca accusano l’Occidente di aver reso la Russia incapace di inviare denaro agli obbligazionisti, spingendola a un default artificiale e quindi non veritiero. Il ministero delle Finanze russo ha dichiarato di aver effettuato i pagamenti al suo National Settlement Depository in euro e dollari, ma a questo punto è difficile che i fondi arrivino ai creditori internazionali. Gli sforzi del Paese per evitare quello che sarebbe il suo primo default su obbligazioni internazionali dalla rivoluzione bolscevica di oltre un secolo fa hanno incontrato un ostacolo insormontabile quando l’Office of Foreign Assets Control (Ofac) del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha di fatto bloccato Mosca dall’effettuare pagamenti a fine maggio.
Dopo le prime situazioni di insolvenza è probabile che se ne verificheranno altre, fino a intaccare tutto il debito pubblico denominato in valuta estera. L’effetto di questo stato di cose, inizialmente, sarebbe poco più che simbolico. Da un lato, infatti, la Russia ha un debito pubblico molto basso, di poco superiore al 18% del Pil, ed è ancora più piccolo quello in valuta estera. Dall’altro, lo zar Putin può comunque contare sull’esportazione di materie prime che dal 24 febbraio gli hanno fruttato oltre 64 miliardi di euro dai soli 27 Paesi dell’Unione europea. Insomma, la situazione è ben diversa dal 1998, quando la Russia non riuscì a pagare i suoi debiti per mancanza di disponibilità. I soldi la Russia li avrebbe, ma di fatto non può usarli perché bloccata dalle sanzioni. Ora è difficile capire cosa potrebbe succedere. Gli obbligazionisti non ripagati potrebbero raggrupparsi e fare una dichiarazione congiunta, ma anche decidere di aspettare per vedere se riescono a riportare a casa almeno una parte del denaro che spetta loro. “Una dichiarazione di default è un evento simbolico“, hanno spiegato a Bloomberg gli economisti del Nomura Research Institute aggiungendo che “già da ora, la Russia non può accedere ai prestiti della maggior parte dei Paesi stranieri“.