Il caso che sta facendo discutere della caso della chiesa di Sant’Antonio Abate a Tarquinia, inserita nella lista dei beni sequestrati agli oligarchi russi che riporta direttamente al presidente Putin.
Nelle ultime tre settimane la Guardia di finanza sta continuando ad eseguire uno dietro l’altro numerosi congelamenti nei confronti di oligarchi e società russe che appoggiano il presidente Vladimir Putin.
Un lavoro che rientra nelle operazioni che hanno fatto seguito alla crisi russo-ucraina, in cui la Finanza in qualità di membro del Comitato di sicurezza finanziaria del ministero dell’Economia ha avviato accertamenti sul patrimonio di coloro si trovano inseriti nella black-list dell’Unione europea.
I sequestri della Finanza agli oligarchi russi
Giorno dopo giorno crescono quindi i beni sequestrati, tra Ville in Costa Smeralda e costose Mercedes, fino persino a una chiesa ortodossa a Tarquinia, facenti capo a oltre 1.100 persone coinvolte nell’avere “contribuito a compromettere o minacciare l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina”.
Poi ci sono yacht, auto, quote societarie, terreni, sculture. Nello specifico, tra quelli di valore maggiore ci sono quattro villini nel territorio di Arzachena, in Sardegna, del valore di 50milioni di euro, riconducibili a Gulbakhor Ismailova, sorella dell’oligarca pro-Cremlino Alisher Usmanov a cui trasferito i suoi beni, tra cui uno yacht da 600 milioni, sequestrato in Germania. Si parla di un totale di 54,4 milioni di euro, che si sommano così al miliardo e 700 milioni che è stato congelato nel periodo che va dal 23 febbraio al 31 maggio scorso.
A un altro importante uomo d’affari russo che ha legami personali stretti con il presidente Putin, Arkady Rotenberg, è stata poi congelata la metà dei beni immobili che si trovano in provincia di Viterbo. Valore complessivo, circa 625.000 euro. Non è tanto la cifra che in questo caso fa scalpore, ma il simbolo delle sue proprietà.
Pare infatti che tra questi beni ci sia anche una chiesa. Nello specifico, la Chiesa di Sant’Antonio Abate, a Tarquinia, adibita a luogo di culto ortodosso e sotto il vincolo del Mibact. Un caso del tutto anomala che mostra i legami dei milionari russi con il mondo religioso ortodosso guidato da quel Kirill a cui Papa Francesco, in un’intervista al Corriere, non ha esitato a lanciare un appello.
“Il Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin”, aveva detto Bergoglio nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera. “Fratello, noi non siamo chierici di Stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma quello di Gesù”, erano le parole che il Papa ha spiegato di avere rivolto a Kirill durante una videochiamata in Vaticano. “Siamo pastori dello stesso santo popolo di Dio. Per questo dobbiamo cercare vie di pace, far cessare il fuoco delle armi”.